« In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: “Passiamo all’altra riva”. E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. Si destò, minacciò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?” » (Mc 4,35-41)
Gesù vuole preparare i suoi discepoli alla missione e mostra loro la sua straordinaria autorità. La sua autorità non è limitata come quella degli scribi (Mc 1,22) ma domina sulle potenze del male e anche sulle forze della natura. L’«altra riva» verso cui Gesù chiede di dirigere la barca è la costa orientale del lago di Galilea, una zona i cui abitanti sono prevalentemente pagani. È una sottile allusione alla missione che non deve avere limiti e rivolgersi coraggiosamente anche ai gentili. Le tempeste del lago, che normalmente è molto calmo, sono improvvise e tremende. Gesù è a poppa addormentato e i discepoli si spaventano a morte, giungendo fino al punto di rimproverare Gesù per questo atteggiamento di apparente disinteresse. Chiamano Gesù “Maestro” (è la prima volta che questo titolo ricorre nel Vangelo di Marco) perché Gesù insegna sempre: con le parole e con i fatti. Qui dà loro una profonda lezione di fede, condotta con l’esperienza. Rendersi conto che l’esperienza della vita, i “fatti”, sono anch’essi un insegnamento del Signore è fondamentale. I fatti rivelano il loro senso recondito se sono letti alla luce delle Parole del Maestro accolte con fede. Così succede qui e così deve succedere nella nostra vita. Il nostro Maestro è il maestro perfetto. La sua scuola è totale, ci avvolge e ci coinvolge. Non è astratta e libresca: la sua Parola ascoltata, letta, riletta e applicata agli eventi della vita ci illumina. Noi però dobbiamo, con la nostra libertà, lasciarci coinvolgere. La lezione diventa chiara solo se noi non ci limitiamo ad ascoltarla, ma la “facciamo”. Dio non aveva bisogno di aspettare le scoperte moderne della pedagogia partecipativa…