« Si mise a parlare loro con parabole: “Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo ; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi ?”. E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono » (Mc 12,1-12).
Nel capitolo quinto del profeta Isaia, la “casa di Israele” è paragonata ad una vigna piantata da Dio: « Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi » (Is 5,1-7). Il profeta aveva in mente immediatamente una minaccia a Israele per la sua infedeltà ed una punizione corrispondente. Di fatto le sue parole prefigurano e annunciano la distruzione di Gerusalemme e l’esilio a Babilonia che si realizzarono effettivamente nel 586 AC. Qui Gesù riprende questa stessa immagine e continua la sua struttura allegorica dandole un nuovo e pieno significato. Di fatto continua il suo discorso contro le autorità religiose di Israele annunciando l’avvento di un tempo nuovo e di un nuovo Popolo di Israele. La sua attenzione si fissa per questa ragione sui contadini a cui la vigna era stata affidata, i quali dovevano – secondo gli usi del tempo – una parte del prodotto ricavato al suo proprietario. Questi manda più volte dei servi a riscuotere il suo. Costoro sono evidentemente i profeti che sono inviati ripetutamente – segno della sua grande misericordia – a richiamate gli israeliti al loro dovere, ma essi vengono bastonati, uccisi o lapidati. Quante volte i profeti hanno invitato il popolo al pentimento e alla conversione, subendo proprio questa sorte (cfr. 2Cr 24,21; Ger 20,2; 26,21-23). « Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te » (Mt 23.37). In ultimo il proprietario della vigna (Dio) manda il suo proprio figlio – un velato, ma non troppo, riferimento alla sua dignità divina di Figlio di Dio. Ma i contadini lo prendono, lo cacciano fuori dalla vigna (da Gerusalemme) e lì lo uccidono. A questa previsione della sua morte segue un paragone tratto dal salmo 118: « La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi » (22-23). Il salmo 118 è un salmo di pellegrinaggio, la pietra di cui si parla è dunque riferita al tempio. Un tempio che era, in quel momento in via di completamento. La Vigna verrà data ad altri contadini, il Tempio verrà distrutto e ricostruito in tre giorni. Un grande, definitivo ed epocale cambiamento è in vista. Il Figlio ucciso fuori da Gerusalemme è destinato a diventare la pietra angolare attorno alla quale nascerà il nuovo edificio (Mt 16,18), un edificio vivente: la Chiesa. Questa Pietra angolare è destinata a diventare una pietra d’inciampo per gli increduli: « Egli sarà insidia e pietra di ostacolo e scoglio d’inciampo per le due case d’Israele, laccio e trabocchetto per gli abitanti di Gerusalemme. Tra di loro molti inciamperanno, cadranno e si sfracelleranno, saranno presi e catturati » (Is 8,14-15). « Cristo e la Chiesa formano, dunque, il “Cristo totale” [“Christus totus”]. La Chiesa è una con Cristo. I santi hanno una coscienza vivissima di tale unità: “Rallegriamoci, rendiamo grazie a Dio, non soltanto perché ci ha fatti diventare cristiani, ma perché ci ha fatto diventare Cristo stesso. Vi rendete conto, fratelli, di quale grazia ci ha fatto Dio, donandoci Cristo come Capo? Esultate, gioite, siamo divenuti Cristo. Se egli è il Capo, noi siamo le membra: siamo un uomo completo, egli e noi. […]. Pienezza di Cristo: il Capo e le membra. Qual è la Testa, e quali sono le membra? Cristo e la Chiesa” [Sant’Agostino, In Evangelium Johannis tractatus, 21, 8]. “Redemptor noster unam se personam cum sancta Ecclesia, quam assumpsit, exhibuit – Il nostro Redentore presentò se stesso come unica persona unita alla santa Chiesa, da lui assunta [San Gregorio Magno, Moralia in Job, praef. , 1, 6, 4: PL 75, 525A]. “Caput et membra, quasi una persona mystica – Capo e membra sono, per così dire, una sola persona mistica [San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, III, 48, 2, ad 1]. Una parola di Santa Giovanna d’Arco ai suoi giudici riassume la fede dei santi Dottori ed esprime il giusto sentire del credente: “A mio avviso, Gesù Cristo e la Chiesa sono un tutt’uno, e non bisogna sollevare difficoltà” [Santa Giovanna d’Arco, in Actes du procès] » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 795). Gesù rimarrà nella storia un segno contraddizione, proprio in quanto presente nella sua Chiesa, soprattutto attraverso il suo vicario in terra, il Papa. Per questo la Chiesa e il Papa sono una sfida permanente, pietra angolare che viene scartata dai superbi, ma pietra contro cui inciampano e da cui vengono distrutti.