Da “La Bianca Torre di Echtelion” del 1 luglio 2017. Foto Globalist
Il 13 luglio avrebbe spento la 90esima candelina, ma è morta ieri. Simone Veil, ebrea nata Simone Jacob a Nizza, è stata la grande pasionaria femminista al vertice delle istituzioni francesi ed europee.
Nel 1944 fu arrestata 16enne dai tedeschi che occupavano quasi tutta la Francia e deportata con la madre Yvonne e la sorella Madeleine nell’orrore di Auschwitz; il padre e il fratello scomparirono invece internati in Lituania. Indelebile sul suo braccio il numero impressole allora, 78561.
Laureatasi in Giurisprudenza dopo la guerra, nel 1970 è Segretario generale del Consiglio superiore della magistratura e l’anno dopo entra nel consiglio di amministrazione della televisione francese, ORTF. Scende quindi in politica con i liberal-centristi a fianco di Valery Giscard d’Estaing, Jacques Chirac e infine Edouard Balladour. Nel 1974 diventa ministro della Salute e si batte come una tigre per la legalizzazione dell’aborto mentre il Paese s’infiamma e la Chiesa tuona. Quando la “Loi Veil” viene approvata il 17 maggio 1975, la Francia è il primo Paese cattolico abortista; e per volontà politica del Centro, non dalla Sinistra.
Nel 1979 è eletta primo presidente (e donna) del Parlamento Europeo. Resta in carica fino al 1982. Nel 1993 torna ministro della Sanità in Francia, quindi è membro del Consiglio costituzionale dal 1998 al 2007, cofondatrice e presidente onorario della Fondation pour la Mémoire de la Shoah, membro eletto nel 2008 dell’Académie française. Nel 2007 appoggia la corsa di Nicholas Sarkozy alla presidenza ancorché “criticamente”. Poi, lentamente, si defila.
Tranne che per una “v” in più, è stata omonima di un’altra ebrea francese famosa, la filosofa Simone Weil, che si costrinse alla medesima razione di cibo assunta dagli ebrei dei campi di concentramento nazisti spegnendosi di stenti e tubercolosi a Londra nel 1943. Era fuggita riparando nella repubblica di Vichy, dove il filosofo-contadino Gustave Thibon cercò invano di convertirla al cattolicesimo. Professava infatti uno anarco-gnosticismo tragico e comunisteggiante che non le ha però fatto mancare la stima di giganti del conservatorismo cattolico come l’italiano Augusto Del Noce e lo statunitense Russell Kirk, oltre all’amicizia del padre domenicano Joseph-Marie Perrin (confessore che Thibon aveva in comune con la grande medioevista Régine Pernoud) e all’ammirazione del beato Paolo VI.
Cos’ha a che spartire questa Weil con quella Veil? La ricerca e il paradosso. Infatti, la Simone Veil madrina dell’aborto francese ha finito per scendere in piazza nei ranghi della “Manif pour tous”, l’associazione nata in Francia nel 2012 per contrastare lo tsunami dei “matrimoni” omosessuali. Lo ha fatto 85enne nel gennaio 2013, sfilando al braccio del marito Antoine Veil (una delle ultime cose che lui ha fatto, essendo morto nell’aprile seguente), con la bandiera della “Manif” in mano e il cortocircuito delle vestali del politicamente corretto.
La Veil aveva cioè intravvisto un’Europa diversa. Non quella dei liberalismi vecchi, dei centrismi cerchiobottisti e delle Sinistre sinistrate, ma quella rappresentata oggi dalla Lituania, uscita come lei dagli orrori totalitari e come lei convita che la famiglia monogamica eterosessuale sia sempre il futuro. Il 15 giugno, infatti, il Seimas di Vilnius, ovvero il parlamento lituano, ha bocciato 59 voti a 29 (20 gli astenuti) la proposta di legge per il riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali presentata dalla parlamentare liberale Viktorija Čmilytė-Nielsen. A favore delle unioni LGBT si sono espressi nove deputati democratico-cristiani (su 33) di Unione per la Patria, nove (su 38) del Partito socialdemocratico, otto (su 10) del Movimento liberale per la repubblica e tre del gruppo misto. Contro si sono schierati all’unanimità i parlamentari del partito di centrosinistra al governo, l’Unione dei Contadini e dei Verdi, così come i conservatori di Ordine e Giustizia e il gruppo di centrodestra Azione Elettorale dei Polacchi in Lituania. Del resto i sondaggi dicono che l’80% della popolazione la pensa allo stesso modo.
Proprio un’Europa diversa, questa, dove anche un pezzo della Sinistra è socialmente conservatrice, esattamente come lo è stata alla fine Simone Veil. In Francia sono da tempo legione le femministe storiche che contestano l’omosessualizzazione del matrimonio, l’utero in affitto e altre cose così. Una ci ha appena lasciato.
Marco Respinti