Da “La bianca torre di Echtelion” del 7 agosto 2017. Foto da Flickr
«O Franza o Spagna, purché se magna»: l’epitome dell’atavico opportunismo italiano, attribuita a Francesco Guicciardini (1483-1540), a Bannio non vale. Siamo nell’Ossola ‒ l’Oskela di Tolomeo (sec. II) ‒, il bacino idrografico ricavato nelle Alpi Lepontine dal fiume Toce e incuneato nel Canton Vallese (e infatti qui la cadenza è più “svizzera” che piemontese). In dialetto si chiama Banj e dal 1929 fa comune con il nome di Bannio Anzino (anche se si tratta di due paesi distinti), inquadrato amministrativamente nella provincia di Verbano-Cusio-Ossola ed ecclesiasticamente nella diocesi di Novara, nella Valle Anzasca già in odore di Monte Rosa e ricca di oro. A una ventina di chilometri c’è Macugnaga, la famosa colonia dei Walser, ovvero la popolazione di stirpe alemanna spostatasi dall’alto corso del fiume Meno nel Vallese a partire dal secolo VIII e dal XIII in parecchie altre zone dell’arco alpino, tra cui diversi luoghi del Piemonte e della Val d’Aosta. Ebbene, la fiera Bannio ‒ oggi 480 abitanti circa, frazioni comprese, a un’altitudine di 669 metri ‒ non si concesse al primo che passava per un piatto di polenta, ma rimase fedele a Sua Maestà Cattolica spagnola contro i francesi.
Dopo essere stata governata per tre secoli dal vescovo di Novara a partire da poco dopo il Mille, essere quindi stata annessa in due momenti diversi al Vallese orbitando attorno alla Confederazione Elvetica (di cui all’epoca il Vallese era alleato, non membro), l’Ossola passò al ducato di Milano con la battaglia di Marignano, alle porte del capoluogo lombardo, nel 1515, prima i Visconti poi gli Sforza. Alla morte del duca Francesco II Sforza (1495-1535) Milano e i suoi possedimenti passarono dunque alla Spagna che, alla dipartita di Francesco IV Gonzaga (1586-1612), duca di Mantova e del Monferrato, si trovò a fronteggiare le mire del ducato di Savoia che avanzava pretese sul Monferrato. La Corona di Spagna ordinò così al nuovo governatore di Milano, Juan de Mendoza y Velasco, marchese de la Hinojosa (1571-1628), d’invadere il Piemonte. La strategia vincente fu quella di presidiare la regione attraverso la costituzione di “milizie delle terre” anche nei borghi più piccoli. Tutti i maschi abili fra i 18 e i 50 anni presero allora le armi, assicurando i valichi di montagna e giungendo a difendere anche postazioni meridionali quali Angera e Arona. Per associazione d’idee, tornano alla mente gli Schützen, le secolari compagnie di difesa territoriale del Tirolo, pur diverse.
Bannio fece dunque orgogliosa e fedele la propria parte. Nata in quel 1612, la sua milizia venne consacrata nel 1622 in ragione di un altro evento che in valle fu epocale.
Vi era, sull’altopiano banniese, un’antica cappellina dedicata alla Madonna della Neve praticamente in rovina. Dopo lunghe trattative con il vescovo di Novara, i lavori del restauro iniziarono nel 1618 per essere conclusi quattro. Così, il 5 agosto 1622 la cappella, restaurata a dovere, venne inaugurata. E a far la guardia d’onore alla Madre del Salvatore vi fu la milizia territoriale. Da allora, ogni 5 agosto, i banniesi si recano in pellegrinaggio alla Madonna della Neve seguita il giorno successivo dalla milizia che celebra il proprio anniversario. Di fatto, l’antica milizia ausiliaria della corona spagnola è diventata la scorta d’onore di Maria, in un intreccio affascinante fra pietà popolare e tradizioni civico-militari.
A Bannio i segni della fede sono ben visibili, ma è così in molti altri angoli dell’Ossola. Non è solo il resto di un tempo antico: è ancora la necessità di volersi affidare a ben altro che le sole forze umane per dirigere esistenze di loro già difficili (come lo sono tutte le esistenze umane) prima che esse smarriscono per sempre la strada. A fondovalle, a Domodossola, è partita la Festa de l’Unità, ma tutt’attorno, in mille borgate e contrade, è un pullulare di dipinti mariani sui muri delle case, di statuette sacre nel cavo di vecchi tronchi o in nicchie della roccia, di crocicchi e di crocefissi.
Alla Madonna della Neve di Bannio accadde che nel 1629 i capifamiglia spaventati a morte dalla peste che imperversava fecero voto solenne di trasformare la data del 5 agosto in festa liturgica di precetto. La milizia tradizionale, da prettamente spagnola che era, divenne quel dì definitivamente mariana. Oggi la sua compagnia, formata da una sessantina di effettivi in uniforme, alabarda e archibugio, marcia puntuale in pellegrinaggio dimostrando al mondo la virilità della fede cattolica in un connubio tra sacro e terreno che ci ricorda quale sia l’essenza vera dell’Italia dei mille campanili. Il 13 ottobre 2010 la Milizia Tradizionale ha fatto visita a Papa Benedetto XVI. Sì, tra Spagna della corona cattolica e la Madonna della Neve, lo sventolare di bandierine tricolori issate ovunque e l’inno di Mameli suonato d’ordinanza appaiono il pegno da pagare per ottenere il permesso di rievocare, no, di rivivere un tempo e una società diversi. Nonostante tutto, migliori: si può dire?
Marco Respinti