« Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l’angelo si allontanò da lei » (Lc 1,26-38).
Il Rosario può essere considerato la preghiera degli umili e dei piccoli. Una forma di preghiera che è nata nei monasteri medioevali in cui molti monaci (i più illetterati e semplici) non potevano seguire la salmodia dei loro confratelli perché troppo difficile per loro. Ben presto – già verso l’VIII secolo – nacque così una forma di preghiera in cui questi monaci rozzi e semplici ripetevano quello che tutti sapevano a memoria, il Pater noster, per 150 volte a imitazione dei 150 salmi, mormorandolo sottovoce. Per non saltarne qualcuno e soddisfare al numero richiesto, incomiciarono ad usare una cordicella alla quale fecero centocinquanta nodi. Pian piano però a questa ripetizione del Pater noster si mescola e in parte si sostitisce la ripetizione di parte di un versetto del Vangelo di Luca: « Ave gratia plena: Dominus tecum » (1,28). Ben presto a questa parte ne viene aggiunta un’altra: « Benedicta tu in mulieribus, et benedictus fructus ventris tui » (1,42). Si delinea così un itinerario. Perché a questo punto non mettere il nome dolcissimo di colui che è motivo di tutte queste parole? Ed ecco che fa la comparsa il nome Jesus. Ma allora: perché non ricordare tutto ciò che Gesù ha vissuto, detto, fatto, subito? Tutto quello che ha provato nel suo cuore: gioia, dolore, gloria? Nascono così le “clausole”, poche righe da aggiungere di seguito: che è stato annunciato, che è nato, che è steso presentato al tempio, che ha sudato sangue, che è stato flagellato, che è risorto, ecc… A cui viene ben presto aggiunta la parte finale: « Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen».
Il salterio degli umili si arricchisce e si articola in tre parti di cinquanta Ave ciascuna. Questo però non avviene senza una guida: ci sono documenti che parlano di “rivelazioni” ai monaci e di apparizioni della Vergine per suggerire e approvare. Già nel quindicesimo secolo fa la sua comparsa un quarta parte con i misteri della luce. Il Rosario nasce così nel silenzio del chiostri, come preghiera vocale, ripetitiva e – insieme – contemplativa. Nasce sotto una guida discreta, materna e assai nascosta per costruire un capolavoro di pedagogia religiosa. Nato ad opera di umili e ignoranti diventa ben presto la preghiera di tutti, anche dei più sapienti. Essa ci aiuta paradossalmente a vincere il più comune ostacolo alla preghiera, quello della distrazione. Le nostre preoccupazioni, i nostri progetti, le nostre delusioni, le nostre gioie infatti non sono più delle minacce, ma delle occasioni per imparare a non viverle da soli ma unirle ai sentimenti del cuore di Gesù. Non dobbiamo distrarci volontariamente, ma non dobbiamo neppure spaventarci dei pensieri che si infilano nella nostra preghiera. È il modo inserirli concretamente e veramente nella vita di Gesù, indotti dolcemente a ciò dalla preghiera di Maria… Il cardinale Tomáš Špidlík predicando davanti a san Giovanni Paolo II, propose come modello per la recita del Rosario quella da cui lo aveva imparato: sua madre. La mamma del cardinale entrava al mattino nel pollaio e pregava press’a poco così: Ave Maria piena di grazia – ma guarda che disastro hanno combinato le galline – il Signore è con te… Mamma Špidlík non si distraeva ma collegava quello che le succedeva con i sentimenti del cuore di Maria. Un inconveniente che normalmente era collegato con il disappunto e magari la rabbia, veniva soprannaturalmente collegato con la fede e la pace del cuore di Maria… Credo che anche mia nonna usasse lo stesso metodo.