« Gesù si allontanò di là, giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele. Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: “Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino”. E i discepoli gli dissero: “Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?”. Gesù domandò loro: “Quanti pani avete?”. Dissero: “Sette, e pochi pesciolini”. Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene » (Mt 15,29-37).
I vangeli riportano due distinti episodi (e non, come dice qualcuno, due redazioni diverse di uno stesso episodio) in cui Gesù ha moltiplicato pani e pesci per dare da mangiare alla moltitudine che lo aveva seguito. Nel primo (Mt 14,13-21; Mc 6,30-44) con cinque pani e due pesci ha sfamato cinquemila uomini, oltre alle donne e ai bambini. Nel secondo (Mt 15,32-39; Mc 8,1-10) con sette pani e « pochi pesciolini » dà da mangiare a cinquemila uomini, oltre alle donne e ai bambini. La prima moltiplicazione è riportata anche da Luca (9,10-17) e Giovanni (6,1-14). È l’unico miracolo, oltre alla Resurrezione, riportato da tutti e quattro i Vangeli. Si tratta infatti di un miracolo particolare, il cui significato è stato colto con sicurezza dalla tradizione cristiana, perché annuncia il grande miracolo dell’Eucaristia.
Gesù ha compiuto la sua opera di salvezza morendo sulla Croce e risorgendo. Questo evento non passa più ed estende i suoi effetti su tutti i tempi e tutti i luoghi. «Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti» (Mal 1,11). Il profeta Malachia parla di un evento dei tempi messianici. In quei tempi un sacrificio sarà offerto non più soltanto nel tempio di Gerusalemme, ma in tutto il mondo. Non più soltanto dai sacerdoti di Aronne, ma dai pagani. Questa sacrificio è costituito da una «טְהוֹרָה מִנְחָה [mincha tehora]», cioè da un sacrificio non cruento, di generi alimentari e in più assolutamente puro. Tale cioè che non può essere contaminato da chi lo offre. Questa profezia è stata subito colta dai cristiani per designare l’eucaristia. Infatti è un sacrificio che può essere offerto in molti luoghi. Che non può essere reso profano da nessuno. Se c’è è santo, perché è santo in sé stesso. È costituito da una offerta di generi alimentari: pane e vino. Questo cibo soprannaturale, che nasce da un atto di amore supremo, è diffuso continuamente e in modo sovrabbondante alle folle che cercano salvezza e guarigione. « I miracoli della moltiplicazione dei pani, allorché il Signore pronunciò la benedizione, spezzò i pani e li distribuì per mezzo dei suoi discepoli per sfamare la folla, prefigurano la sovrabbondanza di questo unico pane che è la sua Eucaristia [cfr. Mt 14,13-21; Mt 15,32-39] » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1335).