« Ascoltate la parola del Signore, capi di Sòdoma; prestate orecchio all’insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra! “Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? – dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova”. “Su, venite e discutiamo – dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato” » (Is 1,10-20).
Qui il profeta rifiuta il sacrificio? Così a volte è stato interpretato dall’esegesi razionalista, ma questo non è assolutamente esatto. Qui il profeta si inserisce piuttosto in una linea di critica al sacerdozio e al sacrificio che troviamo nei profeti che lo precedono. « Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza. Poiché tu rifiuti la conoscenza, rifiuterò te come mio sacerdote; hai dimenticato la legge del tuo Dio e anch’io dimenticherò i tuoi figli » (Os 4,6); « “Io detesto, respingo le vostre feste solenni e non gradisco le vostre riunioni sacre; anche se voi mi offrite olocausti, io non gradisco le vostre offerte, e le vittime grasse come pacificazione io non le guardo. Lontano da me il frastuono dei vostri canti: il suono delle vostre arpe non posso sentirlo! Piuttosto come le acque scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne. » (Am 5,21-24); « “Con che cosa mi presenterò al Signore, mi prostrerò al Dio altissimo? Mi presenterò a lui con olocausti, con vitelli di un anno? Gradirà il Signore migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi? Gli offrirò forse il mio primogenito per la mia colpa, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?”. Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio » (Mi 6,6-8).
La critica consiste nel mettere in luce impietosamente e spietatamente il contrasto tra il gesto compiuto e il cuore di chi lo compie. Nel sacerdote non c’è più “conoscenza”: cioè compie il gesto, ma non sa più perché lo fa. Questa critica terribile prepara il terreno al sacrificio di Gesù. Un sacrificio vero, compiuto « in spirito e verità » (Gv 4,23.24). Questo non vuol dire affatto che il sacrificio svanisca in un puro segno, in un simbolo privo di realtà. È proprio vero il contrario! Qui i segni esteriori, di per sé insufficienti a compiere quello che volevano significare, diventano realtà. Il sacrificio diventa interiore, si compie infatti nel cuore dell’offerente che si identifica con l’offerta: sulla croce infatti Gesù (Figlio) offre sé stesso per Amore (Spirito) del Padre e di tutti i peccatori. Proprio per la sua verità definitiva e ormai insuperabile diventa un sacrificio sempre efficace: « Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana ». Il sacrificio vero che si compie con il cuore e nel cuore, deve essere accolto con il cuore. Questa è l’unica “condizione”. A questo ci prepariamo e ci disponiamo con il cammino della Quaresima.