In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi» (Mt 5,1 – 12).
L’atteggiamento di Gesù, quando pronuncia questo discorso, è tipico di chi in Israele impartisce un importante insegnamento. La montagna è allora la cattedra del nuovo Mosè. Il discorso delle beatitudini rappresenta i “nuovi comandamenti” ed è la carta d’identità di un’anima cattolica. Il giardino fiorito della Bibbia, cioè il libro dei Salmi, inizia con le seguenti parole: «Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi» (Sal 1,1). Il primo riconoscimento pubblico che riporta il Vangelo, su Colei che è «porta del cielo» afferma: «Beata te che hai creduto, all’adempimento delle parole del Tuo Signore».
Dio stesso è beatitudine eterna, pienezza assoluta, quindi felicità: saranno dunque felici coloro che amano la saggezza dei Comandamenti e la domandano al mattino al Signore, pregando nel Suo nome. Dio mandò suo Figlio per salvare il mondo intero e tutti coloro che si rivolgono a Lui, coscienti di dover essere salvati da un nemico angelico decaduto più forte della natura umana, dicono frequentemente: «Signore Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me peccatore». Questo è il povero in spirito, di cui Gesù dice: «Beato sei tu, è tuo il regno dei cieli». E’ come cogliere in pienezza il primo e più importante dei comandamenti, e con questo edificare il Regno di Dio che è principalmente una conquista interiore.
Se vogliamo che i nostri giudizi siano coerenti con il Regno di Dio, chiaramente partiamo da Dio stesso. Questo esige una vera revisione del pensiero, per poter vedere il mondo in modo diverso e non con gli occhiali offuscati dal peccato. Le Beatitudini sono un nuovo programma di vita che ti libera dai falsi valori del mondo. Quando Dio consola, sazia la fame di giustizia, asciuga le lacrime degli afflitti, quindi, oltre a ricompensare ciascuno tangibilmente, apre il Regno dei Cieli. Le Beatitudini sono la trasposizione della croce e della risurrezione nell’esistenza dei discepoli. Esse rispecchiano la vita del Figlio di Dio, che si lascia perseguitare, disprezzare fino alla condanna a morte, affinché agli uomini sia donata la salvezza.
Si tratta di una sconfitta apparente, quando sono invece tutte le figure umane che si oppongono a Gesù dal Getsemani al Calvario che vengono messe a nudo: ne esce quasi un’anatomia della distruttività umana. Alla fine, un assassino (il buon ladrone) chiede di essere ricordato nei Cieli e vi viene traslato subitamente; uno specialista in condanne a morte, il centurione, afferma: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio». Il Vangelo delle Beatitudini si commenta con la storia stessa della Chiesa, la storia della santità cristiana, perché come afferma San Paolo: «Quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono» (1 Cor 1,27 – 28). Per questo la Chiesa non teme la povertà, il disprezzo, la persecuzione in una società che le è ostile, sapendo che Dio stesso non sopporta che un battezzato soffra oltre ciò che è conforme alla Sua sapienza.