In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo (Lc 9,7 – 9)
Erode sente parlare di Gesù e vuole incontrarlo per vederlo. Ciò che accade intorno a noi, tragico o gioioso, è comunque qualcosa che ci distrae dal ritmo quotidiano. Oggi sono le notizie dei giornali e della televisione. Pensiamo all’impatto che provocherebbe oggi Gesù se guarisse un paralitico o un cieco: per quanti soldi si venderebbe l’esclusiva per la TV?
Allora invece non c’era questa facilità di circolazione delle notizie, che giravano per passaparola, anche nelle alte sfere del potere. Perciò non meraviglia che Erode volesse vedere Gesù: eppure lo incontrerà solo il giorno del processo. E’ una fatalità che sembra voler dire: vedrai Gesù solo quando dovrai deciderti se sei con Lui o contro di Lui.
L’eccesso di comunicazione sugli accadimenti religiosi attraverso i mass media, anche quando si tratta di vere rivelazioni e di miracoli autentici, danneggia il senso cristiano del messaggio, che è tutto interiore ed è l’invito a seguire Gesù. Riguardo ad Erode, non vi è peggior cieco di chi non vuol vedere, soprattutto quando tale cecità viene da una totale incapacità di amare.
Capita di incontrare persone assai intelligenti: sanno tante cose, ma sono schiave del loro ego e non amano, pertanto appaiono limitate. Riguardo al prossimo, l’unico modo per capire è amarlo. Dio, che è amore, non poteva lasciarci senza un contatto sensibile con l’amore assoluto e infinito. Gesù risponde a questa esigenza, è Colui che ci rende visibile il Padre. Oggi sicuramente Gesù va mostrato al prossimo, e non vi è altro modo di proporre la fede se non quello di presentare un umanesimo autenticamente cristiano. Vediamo Cristo sul volto e nella vita quotidiana di autentiche anime di Chiesa. Don Oreste Benzi descrive in modo esemplare il suo incontro con padre Pio: «Mi ricordo con commozione il giorno che ho servito la Messa a padre Pio di Pietrelcina. Dopo aver sentito profumi indefinibili all’inizio, sono rimasto scosso al momento della consacrazione, quando Gesù si rende presente sull’altare nel suo sacrificio d’amore: ho visto padre Pio come crocifisso. L’ho visto con gli occhi miei, mi ha sconvolto, lo ritengo uno dei doni più belli della mia vita. L’amore fa diventare come l’amato!»
Un mistico, non per forza straordinario, ma anche un semplice devoto mariano, è contemporaneamente nell’istante presente e nell’eternità. Custodisce il passato e annuncia il futuro, è “oltre”. Per esempio il curato d’Ars era al di là della parola, nella parola. Più di qualsiasi oratore conosciuto aveva talvolta l’arte suprema di esprimersi non con parole, ma con l’impossibilità di parlare: il singhiozzo, il silenzio, lo sguardo rivolto al tabernacolo. Anche le Messe silenziose di padre Pio erano sconvolgenti: convertivano.
San Pio da Pietrelcina (Francesco Forgione) Sacerdote cappuccino