Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui. Tutto il popolo che lo ascoltava, e anche i pubblicani, ricevendo il battesimo di Giovanni, hanno riconosciuto che Dio è giusto. Ma i farisei e i dottori della Legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il disegno di Dio su di loro» (Lc 7,24 – 30)
Giovanni Battista visse nel deserto durante la sua gioventù, per cui in Oriente è considerato il fondatore della vita monastica. Sicuramente l’impressione che lasciò quando iniziò a predicare fu molto forte. Anche l’Israele di allora, nella sua decadenza, era paragonabile all’edonismo odierno, dove tanti si arrabattano solo per il cibo prelibato a mensa, per i vestiti e per divertirsi. Improvvisamente arriva un uomo che scavalca d’un sol balzo tutte queste false esigenze, mostra che i veri bisogni del corpo sono molto minori e basta poco per soddisfarli: «Colui che vuole restare fedele alle promesse del suo Battesimo e resistere alle tentazioni, avrà cura di valersi dei mezzi corrispondenti: la conoscenza di sé, la pratica di un’ascesi adatta alle situazioni in cui viene a trovarsi, l’obbedienza ai divini comandamenti, l’esercizio delle virtù morali e la fedeltà alla preghiera. La continenza in verità ci raccoglie e ci riconduce a quell’unità, che abbiamo perduto disperdendoci nel molteplice» (CCC 2340).
Tutto l’abbondante tempo che rimane può essere dedicato a Dio e al prossimo. Tutti coloro che hanno praticato l’ascetismo, a qualunque cultura appartengano, hanno visto nella realizzazione di questo ideale la loro missione nella società. Non disprezzano nessuno e le scelte di nessuno, ma per sé stessi scelgono di vivere senza il pensiero dei bisogni materiali, elevando la mente a Dio o all’ideale puro.
Tramite il loro esempio si evince a quali vette di perfezione può giungere l’uomo. L’ascetismo non è un fenomeno tipicamente cristiano. Esisteva fin dai tempi antichi in Oriente. Il suo fondamento è semplice, ed è la ricerca della sapienza. E’ sapiente chi sa distinguere ciò che è importante da ciò che è secondario, chi sa dare la precedenza all’anima piuttosto che al corpo, agli interessi eterni piuttosto che a quelli temporanei e transeunti.
«Il cammino della perfezione passa attraverso la croce. Non c’è santità senza rinuncia e senza combattimento spirituale. Il progresso spirituale comporta l’ascesi e la mortificazione, che gradatamente conducono a vivere nella pace e nella gioia delle beatitudini: “Colui che sale non cessa mai di andare di inizio in inizio; non si è mai finito di incominciare. Mai colui che sale cessa di desiderare ciò che già conosce” – San Gregorio di Nissa» (CCC 2015).