Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici. Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore. (Mt 1, 16-18.21-24a)
Il nuovo Messale Romano, recentemente pubblicato, riporta il nome di San Giuseppe in tutte le preghiere di consacrazione. Frutto dell’interessamento dei Pontefici, da San Giovanni XXIII a Papa Francesco. San Giuseppe è una figura unica nel panorama della santità. Certamente, il bel carattere che rivela il Salvatore nel vangelo è frutto dell’opera educativa di Maria e Giuseppe. Grosse mani da lavoratore e braccia gagliarde, rivelano in Cristo, quella piena maturità nella vita dell’azione, maschile, che è frutto di un’autentica presenza paterna, che ha saputo trasmettere passione lavorativa anzitutto e poi famigliare. Con San Giuseppe, Gesù Cristo compie il suo percorso da “Homo Faber”.
Era un qualificato artigiano nella città di Nazareth. Quando predicava, come si può notare nei vangeli, è sempre di una estrema chiarezza morale, seppure non si proponga mai come un freddo moralista. Ponderava ogni sua espressione a seconda di quanto il prossimo potesse recepire, con un tatto e una delicatezza tutta mariana. Ma sicuramente Gesù poté usufruire della grande presenza del “giusto Giuseppe”, come era chiamato in Gerusalemme e che tradotto in linguaggio corrente vuol dire “santo”. Giuseppe non proferisce parola nelle Sacre Scritture, come del resto ne è assai parca anche la Beata Vergine Maria o Mosè. Quando una figura biblica si propone in questo modo, significa che dava grande primato alla vita del cuore, alla riflessione. Quindi in Giuseppe era preminente la ricerca della verità del cuore, a cui seguono parole e azioni confermate e benedette dal Signore, che è Dio di tenerezza, come evidenzia l’attuale regnante pontefice:
<<Gesù ha visto la tenerezza di Dio in Giuseppe: “Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono” (Sal 103, 13). Giuseppe avrà sentito certamente riecheggiare nella sinagoga, durante la preghiera dei Salmi, che il Dio d’Israele è un Dio di tenerezza, che è buono verso tutti e “la sua tenerezza si espande su tutte le creature” (Sal 145, 9)>>.
(Papa Francesco – Patris Corde – n°2)