Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Gli risposero: “Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?”. Gesù rispose loro: “In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro”. Gli risposero: “Il padre nostro è Abramo”. Disse loro Gesù: “Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro”. Gli risposero allora: “Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!”. Disse loro Gesù: “Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. (Gv 8, 31-42)
Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato
Una maestra chiede ad un ragazzino della scuola elementare: “Perché vuoi diventare grande?” “Per fare quello che mi pare!”, è la risposta. La maestra commenta: “I bambini di oggi hanno un senso straordinario della libertà”. Ce l’hanno solo i bambini? La storia è piena di lotte per la libertà nazionale, sociale o personale. Dostoevskij scrive: L’uomo combatte sempre per la libertà, e subito dopo scopre di essere schiavo. Com’è possibile? Aristotele definisce libero un atto che non ha altra causa che in sé stesso. È un atto che nessuno ci impone, al quale nessuno ci costringe. Ma è un atto buono, secondo natura. Il peccato invece è contro natura, quindi anche contro la libertà. Comincia con un pensiero cattivo, con un’inclinazione perversa che, se osserviamo bene, non viene da noi stessi. Il pensiero cattivo viene da fuori, noi ci mettiamo il desiderio di realizzarlo.
Magari proviamo a resistere, ma poi acconsentiamo, ci illudiamo di aver agito liberamente. In realtà, cedendo ad una pressione, ci siamo resi schiavi. Vedo cosa è buono e desidero farlo, invece faccio ciò che è cattivo. Scrive il poeta Ovidio: riconoscere l’errore è il primo passo per correggersi. Ma la conoscenza, da sola, non basta a vincere la schiavitù del peccato. Il bene è secondo la legge della natura e secondo quella di Dio. Ma il peccato ci ha imposto delle tendenze che si ripetono con tale frequenza da farle sembrare una legge. San Paolo parla della “legge del peccato” che abita nella sua carne e che combatte contro la legge dello spirito. Nel capitolo 7 della Lettera ai Romani egli descrive questa lotta in modo suggestivo: “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio, infatti non quello che voglio io faccio, ma quel che detesto. Ora se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona, quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me… Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore” (Rom 7, 14-25). San Paolo ha vissuto con la propria esperienza ciò che Cristo promette a tutti, che farà di noi uomini veramente liberi.
(cfr T. Spidlik – Il vangelo di ogni giorno)