In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti. (Lc 6, 12-19)
Gesù chiama dodici persone: se avessero fatto loro un esame attitudinale li avrebbero bocciati tutti e nessuna fabbrica in questo mondo li avrebbe assunti! Il punto grande è questo: “Io ho scelto voi!” (Gv 15, 16). Quando vediamo un nostro famigliare, per prima cosa si pensa: “Ti ha scelto il Signore e ti ha dato a me; allo stesso modo ha scelto me e mi ha posto in questa famiglia. Nulla possiamo nei nostri limiti, e ne abbiamo tanti, però il Signore nella sua sapienza ha detto: “Io ti scelgo”. Al che è bene procedere come hanno fatto i dodici, senza dare troppa importanza ai propri limiti, al punto da scoraggiarci. Non siamo noi così grandi da fare la storia, meglio lasciarci prendere dal Signore!
Quando vogliamo fare tutto noi, manca sempre qualcosa, che blocca ogni slancio. Meglio dare spazio alla provvidenza di Dio. Il mondo non si converte a Cristo perché vede un santo: la conversione avviene quando c’è un popolo santo, perché l’uomo è fatto prima di tutto per essere popolo, un essere relazionale in tensione verso l’Altro, come accade nella vita della Trinità. Mosè fu inviato ad un popolo, così come Cristo stesso; non certo per trattenere grazie straordinarie solo nel suo privato. La persona umana è fatta per essere un tutt’uno con Dio e col prossimo, in una originalità di unione stupenda, in una comunione profonda. Quando noi facciamo nostra questa tensione trinitaria, allora ci convertiamo. La prima affezione del cuore umano, cioè ciò che lo riempie colmando ogni vuoto, è realizzarsi nell’altro. È ciò che più tenacemente descrive ed esprime la vita dell’uomo.