In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato» (Matteo 10,17-22).
Il martire cristiano attualizza pienamente la vittoria dell’amore sull’odio e sulla morte. Nel Vangelo, oltre al superamento dello spirito di odio e di vendetta, ci viene chiesto di amare e pregare per i nostri persecutori, perché diviene sempre più nitido nell’esperienza umana che il vero sofferente è il peccatore.
Santo Stefano, la cui memoria viene oggi celebrata, prega per i suoi persecutori perché Dio non imputi loro un così grave peccato. Seguì così le orme del Salvatore, che pronunciò la stessa invocazione mentre lo stavano inchiodando alla croce: se non lo avesse fatto, forse nessuno avrebbe il coraggio di rileggere la Passione. Certamente pregarono per i loro nemici anche quei vescovi che fermarono orde barbariche, pronte al saccheggio, facendosi incontro a quelle schiere senza alcuna possibilità di comunicazione linguistica. Ma la preghiera dedicata agli avversari non è un’opzione facoltativa, bensì è un riverbero dell’amore, più forte della morte, che viene versato nell’anima dei fedeli, in misura abbondante, con i Sacramenti.
La nostra affabilità comunicativa diviene nota a tutti quando è orazione per il prossimo. Corrisponde all’impatto che aveva il Salvatore su chiunque incontrasse, e che nel Vangelo è spesso testimoniato. Questo significa che il prossimo si sentiva amato di un amore che avvicina a Dio. Quanti figli e figlie della Chiesa nel corso dei secoli hanno seguito questo esempio! Dalla prima persecuzione a Gerusalemme a quelle degli imperatori romani, fino alle schiere dei martiri del XX secolo. Il martire cristiano accetta la croce nel suo intimo, trasforma la morte in un grande atto d’amore. Ma ciò che lo contraddistingue, stando alle testimonianze di chi li ha conosciuti, è un profondo senso, quasi un trasporto, di conformazione alla persona del Salvatore. I martiri uniscono sempre sé stessi alla persona vivente del Signore Gesù.