La splendida mostra su Tolkien, voluta dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e ospitata fino all’11 febbraio presso la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, rappresenta un’occasione straordinaria per conoscere meglio il genio conservatore della letteratura mondiale del Novecento, grazie all’allestimento che ne ripercorre e descrive la vita, il curriculum accademico, le opere e la mentalità
di Aurelio Carloni
Il 2 settembre 1973 moriva John Ronald Reuel Tolkien. Filologo, linguista, professore universitario, creatore della moderna narrativa fantasy, scrisse opere quali Lo Hobbit, Il Signore degli Anelli, Il Silmarillion, tradotte in 38 lingue e pubblicate in tutto mondo.
A cinquant’anni dalla sua scomparsa il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha voluto celebrare uno dei più importanti scrittori del Novecento con la mostra intitolata Tolkien. Uomo, Professore, Autore, ospitata dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma fino all’11 febbraio (seguiranno tappe in altre città).
Proprio il Ministro, nella premessa alla guida, anticipa le polemiche strumentali di buona parte della sinistra sulla mostra descrivendo Tolkien come un «(…) intellettuale innamorato delle fairy-stories, ma anche testimone partecipe degli eventi della propria epoca, nemico dei totalitarismi, intimamente conservatore nella sensibilità seppur incline a guardare non tanto a “destra” e a “sinistra” quanto piuttosto “in alto”, perché notoriamente avverso a letture semplicistiche, omologanti o addirittura “politiche” della sua creazione».
Immergersi nel percorso narrativo dell’esposizione è un’esperienza coinvolgente, che ha riportato chi scrive indietro nel tempo fino a quell’itinerario giovanile che lo salvò da una cultura senza speranza, per introdurlo nella battaglia entusiasmante volta a rifondare una società che speri e combatta per un presente e un futuro migliori.
Adolescente divoratore di romanzi, infatti, mi persi per alcuni anni nella malinconia delle pagine, splendide per molti versi, di autori quali Carlo Cassola, Cesare Pavese, Giorgio Bassani, per approdare intorno ai 16 anni alla letteratura proposta dalla destra culturalmente confusa e confondente della fine degli anni ’70, con i romanzi belli ma connotati di volta in volta da nichilismo, esoterismo, misticismo orientaleggiante, influssi neopagani o gnostici, di Yukio Mishima, Pierre Drieu La Rochelle, Ernst Jüngere altri.
L’incontro con il Signore degli Anelli fu quindi illuminante e contribuì ad aprire il mio cuore e la mia mente alla fede e alla sua bellezza. La narrazione scelta dai curatori della mostra aiuta a comprendere quanto e perché Tolkien e le sue opere abbiano influito e possano influire positivamente sulla mentalità dei lettori e lettrici, spingendoli a cercare modelli esistenziali pieni di senso e lontani da quelli correnti.
Il visitatore è attratto immediatamente dalla ricchezza di notizie e di immagini del mondo di Tolkien, che raccontano molto di lui e della sua genialità. Il fondatore di Alleanza Cattolica, Giovanni Cantoni, raccomandava sempre a chi volesse accostarsi a un autore di “scovare” una sua foto (o un suo ritratto, se vissuto in epoca premoderna) e se possibile del suo “habitat”, perché questo lo avrebbe aiutato a interpretarne meglio le opere.
Molto appropriata e apprezzabile quindi la scelta di porre all’inizio del percorso il baule della famiglia che accompagnò i genitori di Tolkien Arthur Reuel e Mabel Suffield nella loro migrazione, in cerca di fortuna,verso il Sud Africa e nel 1895 la mamma durante il viaggio di ritorno in Inghilterra per una vacanza, con John Ronald Reuel (nato nel 1892) e il secondo figlio Hilary (nato nel 1894). Una vacanza che da spensierata divenne tragica a causa della notizia della morte del marito nel 1896.
Quel baule conservato dalla famiglia e arrivato sino a noi racconta simbolicamente molto meglio di tante opere critiche le radici, i valori e l’itinerario esistenziale e artistico di Tolkien.
Un uomo la cui vita fu “impastata” di gioie e sofferenze, quali la perdita del padre a soli tre anni; la scelta, serena e coraggiosa, della madre di convertirsi al cattolicesimo (una decisione vissuta male dalla sua famiglia, che le fece tristemente mancare il sostegno necessario per una esistenza decorosa, considerato il basso reddito garantito dal suo duro lavoro); la morte, nel 1904, della stessa madre, la quale dispose che i due figli fossero affidati a un sacerdote cattolico, padre Morgan, tutore premuroso ma severo; l’amore profondo per l’adorata Edith Bratt, coronato – dopo molte traversie e l’opposizione iniziale di padre Morgan – dal matrimonio fecondo con quattro figli; l’esperienza traumatica nelle trincee della Grande Guerra, dove durante la battaglia della Somme si ammalerà e perderà amici carissimi.
Prove che, insieme all’esempio e agli insegnamenti fondamentali della madre, lo spinsero ad abbracciare con convinzione, alimentata sino all’ultimo giorno, la fede cattolica. Come lui stesso scrive in una sua lettera, «soprattutto dovrei essere grato di essere stato educato (da quando avevo 8 anni) in una fede che mi ha rafforzato e mi ha insegnato tutto quel poco che so; e questo lo devo a mia madre, che restò fedele alla sua conversione e morì giovane, in gran parte a causa delle privazioni causate dalla povertà che ne era derivata».
Nel prezioso volume, che fa da guida alla mostra, Guglielmo Spirito dichiara: «Che Tolkien sia un autore cattolico è difficile da negare. Lo stesso Tolkien scrisse in una delle sue lettere più famose che “Il Signore degli Anelli è ovviamente un’opera fondamentalmente religiosa e cattolica; inconsciamente all’inizio ma consapevolmente nella revisione” aggiungendo però che “E’ per questo motivo che non ho inserito e ho eliminato praticamente ogni riferimento a qualsiasi tipo di religione culto o pratica religiosa nel mondo immaginario elemento religioso, infatti, insito nella storia e nel simbolismo”».
Le sue opere maggiori sono quindi espressione chiara di una visione cristiana della vita, dell’amicizia e della società. Una visione che diviene mentalità e capacità di giudizio, metro per una relazione corretta con Dio, con il prossimo, con le cose e con sé stessi.
Nelle sue pagine lo scontro tra civitas Dei e civitas diaboli è rappresentato nella sua infinita complessità. Gli uomini, talvolta buoni, talaltra cattivi, sono parte fragile insieme agli hobbit, agli elfi, ai nani di questa guerra. C’è tempo e modo per i protagonisti di conoscere e sperimentare la paura, la malattia, lo scoraggiamento, il tradimento proprio e degli altri. C’è tempo e modo per redimersi e per morire eroicamente dopo aver tradito. La sete di potere è combattuta e vinta da Frodo, il portatore dell’anello, grazie anche all’amicizia di Sam, pronto a morire per lui.
Fedeltà, lealtà, coraggio sono elementi veri che toccano la carne e il cuore dei protagonisti. Si cade e ci si rialza e l’amicizia e le alleanze autentiche aiutano ad andare avanti fino alla fine.
Uno dei punti più interessanti toccati da Spirito è il legame che ravvisa tra Tolkien e la grande artista cattolica americana Flannery O’ Connor, che descrive nei suoi splendidi racconti una realtà squallida e violenta. Una realtà che pur dura fa sempre percepire la presenza implicita di un Dio personale e misericordioso che non abbandona chi lo cerca. Pagine aspre, che ricordano a loro volta quelle delle opere di Cormac McCarthy, di famiglia cattolica ma non praticante, che scrive di un mondo sempre attento al male e al bene, nel quale anche chi è in viaggio in un tempo post apocalittico può trovare la luce e conservare la speranza.
In definitiva l’unica cosa da dire è che la mostra vale la mattinata o la giornata (perché no?) che le si dedica. Da vedere assolutamente.
Sabato, 20 gennaio 2024