In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro (Marco 10,13-16).
Quanto viene descritto in questo brano non è una scena romantica. Piuttosto, contiene un insegnamento di grande importanza: chi è cosciente della propria indigenza, dell’impossibilità a vincere il peccato con le proprie forze, si rivolge a Dio nella realista posizione dell’uomo peccatore che chiede grazia al Padre, con una preghiera che viene sempre ascoltata dal Signore. Allo stesso modo dei bambini, consci di essere indifesi, fragili, bisognosi dell’aiuto dei genitori, così il credente deve riporre la propria sicurezza e fiducia soltanto nell’iniziativa divina. Allora Dio interviene a colmare la nostra impotenza tramite l’opera del suo Inviato.
Gesù non fa riferimento alla semplicità dei bambini – che, al contrario, spesso sono arroganti e presuntuosi –, e neanche alle virtù puerili di umiltà e innocenza, quanto alla loro situazione di dipendenza dai genitori, ai quali si affidano per tutte le loro necessità con una fiducia cieca, appunto perché incapaci e immaturi. Il Regno dei cieli non è conquistabile con forze umane, è sempre un dono gratuito di Dio.
Quanto ho descritto ora è riportabile direttamente al Salvatore, se osserviamo il modo in cui tiene un rapporto filiale col Padre suo. Egli invocava con tenerezza il Signore, Creatore onnipotente, chiamandolo con il titolo di abbà, ‘babbo mio’; si è affidato a lui anche nella prova suprema, accettando pienamente il suo piano di salvezza che passava per la follia della croce (cfr. 1Cor 1,23). Il sapiente cristiano è colui che cerca tutto ciò che può servire a migliorare la conoscenza di Dio e dunque alla vita eterna.
È interessante notare che di una tale sapienza sono soggetti anche i bambini: santa Teresa di Lisieux (1873-1897) lo mostra chiaramente. Gesù non diceva per caso: «Lasciate che i bambini vengano a me». Ma accade che i santi conservino anche nella vecchiaia la docilità e la dolcezza della giovinezza. Perciò, come scrive san Bernardo di Chiaravalle (1090/91-1153), nella vita religiosa i giovani diventano anziani e gli anziani giovani.