Di Andrea Morigi da Libero del 14/03/2019. Foto redazionale
Ancora due settimane e i britannici saranno fuori dall’Europa. Terrorizzati dalle possibili conseguenze della hard Brexit, iniziano a far scorte per i tempi che si preannunciano duri. La loro paura si misura – e il motivo è comprensibile – in metri di carta igienica, di cui stanno facendo incetta. Nell’ipotesi che inoltre il distacco dal Continente si riveli traumatico quanto un’amputazione, iniziano anche ad accumulare antidolorifici. Non ci sono ancora le code davanti ai negozi, ma la catena di supermercati Morrisons ha notato dall’inizio di marzo un incremento delle vendite pari al 7% per quei due articoli, seguiti dai cosiddetti “riempiarmadietti”, cioè cibi in scatola come zuppe e fagioli a lunga conservazione.
Tutto sembra indicare una imminente corsa agli acquisti, che nei giorni immediatamente precedenti al fatidico 29 marzo presumibilmente si concentreranno sui prodotti freschi. Il 90% dell’insalata, l’80% dei pomodori e il 70% della frutta consumata nel Regno Unito provengono dall’Unione europea e non si possono stoccare per lunghi periodi. Vanno consumati entro pochi giorni e il rischio di rimanere a corto di derrate alimentari potrebbe far svuotare gli scaffali dei punti vendita in brevissimo tempo.
A Londra lo hanno previsto e la soluzione per evitare il panico, in teoria, l’hanno trovata: abolire i dazi all’82% delle merci in arrivo dall’estero. Attualmente non sono previste tariffe doganali soltanto per il 56% dei prodotti. Un documento di 1.477 pagine, diffuso ieri, classifica una per una circa 8mila sostanze e materiali in ingresso e spiega con tanto di tabelle come calcolare le relative tasse, anche per quanto riguarda animali vivi e piante. La probabilità di un caos ingovernabile alle frontiere è altissima, visto che le scartoffie, pur digitalizzate, aumenteranno a dismisura. E, ammesso che si risolva il problema del commercio, si presenterà comunque la necessità di proteggere l’industria nazionale e le esportazioni. Alle automobili tedesche, italiane o francesi, per esempio, sarà applicato un sovrapprezzo del 10%, che si tradurrà in un aumento di circa 1.000 sterline sul prezzo di un veicolo di media cilindrata.
Prima che si scateni un’accesa dinamica concorrenziale, anche l’Unione Europea sta correndo ai ripari e adotta una serie di provvedimenti temporanei per affrontare l’eventualità, sempre più vicina, di un divorzio senza accordo con la Gran Bretagna. Ieri, l’Europarlamento ha approvato alcune garanzie giuridiche per gli studenti e insegnanti Erasmus che si trovano o vengono dal Regno Unito, per completare la loro attività di apprendimento in corso all’estero; la continuazione del finanziamento dei programmi Ue che creano relazioni transfrontaliere e intercomunitarie in Irlanda e Irlanda del Nord.
Le disposizioni più importanti riguardano però il mantenimento dei servizi essenziali di base come il trasporto aereo e stradale di merci e autobus e la possibilità per i pescherecci comunitari e britannici di continuare ad operare nelle acque dell’Ue e del Regno Unito.
Tutti rimedi che non saranno comunque sufficienti a garantire in permanenza la situazione precedente perché, spiega una nota di Strasburgo, «le misure di emergenza non replicano i benefici che derivano da essere membri dell’Ue o quelli previsti dal periodo di transizione dell’accordo di uscita. Sono limitate nel tempo e adottate unilateralmente dall’Ue a condizione che il Regno Unito adotti misure analoghe». Il Canale della Manica si va allargando e d’ora in poi ognuno penserà a tutelare i propri interessi. Sempre che qualcuno non ci ripensi.