« Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: “Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”. Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto » (Lc 9,28b-36).
Il racconto di Luca della trasfigurazione procede in stretto parallelismo con quello di Matteo (17,1-9) e Marco (9,2-10); ha tuttavia una caratteristica: è il più esteso. Questo testimonia lo speciale interesse di Luca per questo evento della vita di Gesù ed esprime lo speciale interesse dell’evangelista per la preghiera di Gesù (3,21; 4,42; 5,16; 6,12) e quindi anche il modo caratteristico con cui interpreta questo evento. Infatti la preghiera di Gesù si intensifica nella misura in cui ci si avvicina alla passione (9,18.28) e raggiunge il suo culmine proprio nell’episodio della trasfigurazione.
Il racconto di Luca tradisce una fonte diversa da quella di Marco e una presentazione della trasfigurazione diversa da quelle di Marco e Matteo. Gli studiosi hanno constatato che lo stile di questi versetti è aramaico, cioè riflette la lingua parlata dai giudeo-cristiani. Si può dunque legittimamente pensare che la fonte di Luca, che fosse scritta od orale poco importa, provenisse da ambienti giudeo-cristiani. Si può addirittura ipotizzare che fosse Pietro stesso: 2Pt 1,16-19. Nel trasmettere la descrizione di questo episodio è come se la lingua di Luca – una lingua che pur possedeva con una particolare perfezione e maestria – incontrasse tanta difficoltà e fosse ingaggiata in una lotta senza pari.
« Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante ». Da Gesù che prega si diffonde una luce, una luce che parte dal suo volto ma coinvolge misteriosamente tutto il suo essere e anche il suo vestito. Improvvisamente due uomini gli compaiono accanto: Mosè ed Elia che sono impegnati in una conversazione con lui (« E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti »). Qual è il tema di questa conversazione? Qui troviamo qualcosa che è proprio del solo Luca: « parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme ».
Si tratta con tutta evidenza della sua passione e della sua morte in cui Luca percepisce un “esodo”: un esodo che è verso la gloria e che è esso stesso gloria: « noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità » (Gv 1,14). Perché Luca (e solo Luca) ricorda il sonno degli apostoli? Vuole mettere in mostra che quegli uomini erano troppo deboli per poter accompagnare Gesù nella sua impresa? Per poterlo aiutare nella sua opera di salvezza (cfr. 22,39)?
Oppure ha in mente Abramo il quale ebbe anche lui un’esperienza divina dopo un sonno profondo (Gen 15,12-19)? In modo tale che gli apostoli vengono posti sullo stesso piano dei patriarchi? Forse proprio entrambe le cose. Questo vale anche per noi: ogni preghiera ci pone davanti allo stesso mistero, tanto più esplicito quanto più la preghiera è profonda. Lì viene alla luce la nostra debolezza, che spesso si traduce in sonno e distrazione.
Nello stesso tempo però anche la nostra dignità di Figli di Dio, chiamati a condividere la gloria di Gesù, rivivendo il suo mistero e il suo “esodo”: « E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore » (2Cor 3,18).