« Voi stessi infatti, fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è stata inutile. Ma, dopo aver sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. E il nostro invito alla fede non nasce da menzogna, né da disoneste intenzioni e neppure da inganno; ma, come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo usato parole di adulazione, come sapete, né abbiamo avuto intenzioni di cupidigia: Dio ne è testimone. E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo. Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari » (1Ts 2,1-8
San Paolo ha compiuto diversi viaggi. A noi qui interessa soprattutto l’ultimo perché è il viaggio del martirio che porta definitivamente Paolo a Roma dove lascia le sue spoglie mortali nel 67. Importante per il punto di partenza: Troade. Nella seconda lettera a Timoteo (una lettera “della prigionia”) san Paolo chiede al fedele discepolo di portargli il mantello e i libri che ha lasciato a Troade «a casa di Carpo» (4,13). Quale fu la causa di una tale dimenticanza?
Gli esegeti vi scorgono un evento imprevisto e fulmineo, tale da non lasciare all’Apostolo il tempo di provvedere a completare il suo bagaglio: l’arresto. «Ex oriente lux». Si tratta di un detto entrato nell’uso. La sua origine – come è il destino di tanti detti – si perde nella notte della memoria. Normalmente lo si fa risalire ad un passo evangelico: Mt 2,2. Si tratta dell’episodio dei Magi che sono guidati a Betlemme da un stella che sorge ad Oriente. D’altra parte – come sappiamo – l’Oriente diventa ben presto la direzione dell’orientamento del culto cristiano. Due cose meritano di trattenere la nostra attenzione in questo viaggio di san Paolo.
La prima è la direzione che non è casuale. San Paolo è portato a Roma per esservi martirizzato perché a Roma ha già annunciato il Vangelo e la sua prima venuta a Roma è legata alla “direzione” della sua predicazione. Il libro degli Atti è – come è noto – opera di san Luca, discepolo e collaboratore di san Paolo. Luca è un pagano di Antiochia. Di lingua greca, colto, secondo un’antica e affidabile tradizione di professione medico.
Il libro degli Atti più che una narrazione a sé stante rappresenta la naturale continuazione del suo Vangelo. Come il Vangelo è caratterizzato da uno spirito universalistico e da una marcata sottolineatura del ruolo dello Spirito Santo. Lo stretto collegamento con il Vangelo ha anche questo significato: è vero che Gesù è asceso al cielo (l’ascensione costituisce il trait d’uniontra le due opere, dato che il Vangelo si conclude con l’ascensione e con un più dettagliato racconto dell’ascensione incomincia il racconto degli Atti) ma questo non significa affatto un allontanamento di Gesù. Gesù continua ad essere presente: questo è il messaggio di Luca. Come? Attraverso lo Spirito Santo e attraverso la sua comunità, cioè la Chiesa.
Un’altra cosa sta particolarmente a cuore a Luca, coerentemente a questo suo messaggio fondamentale e alla sua esperienza di pagano convertito: la missione. C’è forse una frase degli Atti che può assurgere a motto riassuntivo di tutto quanto essi raccontano: « avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra » (At 1,8).
Il Santo del giorno: Santa Monica, madre di Sant’Agostino