« Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai , e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso . La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità » (Rm 13,8-10).
L’espressione «pienezza della legge è la carità» non è una novità assoluta. Due importanti rabbini: Rabbi Aqiba (40-137) e Simeon Ben Azzai (110-135) sostengono esplicitamente che il precetto « amerai il tuo prossimo come te stesso » (Lv 19,18) costituisce גָדוֹל בְתוֹרָה כְּלָל – il precetto grande nella Legge (cfr. Strack-Billerbeck III, p. 306).
Qui però san Paolo ci consegna questa verità in modo nuovo e inaudito. La Legge non si condensa soltanto in un precetto, ma trova il suo compimento-realizzazione ne «l’amore» con l’articolo (il che non è un dettaglio): ἡ ἀγάπη. Un amore che non è un precetto, ma una realtà, non un semplice “completamento”, ma la realizzazione della Legge.
Questa realizzazione è Gesù stesso: « il termine (τέλος: fine, scopo, compimento) della Legge è Cristo » (Rm 10,4). Potremmo anche dire così: il precetto centrale della Legge diventa sacramento dell’Amore, presenza perpetua del gesto d’amore che costituisce il fine e lo scopo della storia e – accolto nella fede – l’inizio di una sua realizzazione nella nostra vita in cui « la fede […] si rende operosa per mezzo della carità » (Gal 5,6).
Il Santo del giorno: San Leonardo, eremita