« Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?”. Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando » (Mc 6,1-6).
Finora la missione di Gesù è apparsa come una marcia trionfale: insegnamento straordinario accompagnato da guarigioni ed esorcismi, folle grandiose che lo pressano da ogni parte. Qui assistiamo come ad una battuta d’arresto e proprio dove ci si sarebbe aspettato un trionfo speciale: il suo luogo di origine.
Gesù ritorna per la prima volta a Nazaret, un villaggio allora insignificante di un centinaio di abitanti. Anche qui la gente constata la sua saggezza straordinaria e la sua fama di operatore di prodigi e si chiede: « Da dove gli vengono queste cose? ». La risposta ovvia sarebbe: da Dio! Sapienza e grandi prodigi sono attributi di Dio stesso (Ger 10,12; 51,15; Dan 2,20) e spesso la Scrittura ci parla dei grandi prodigi operati dalla “mano potente” di Dio (Es 32,11; Dt 4,34; 7,19).
Ma ai compaesani di Gesù il confronto tra la sua vita ordinaria che loro conoscevano molto bene, il suo mestiere di carpentiere (o costruttore), la rete delle sue parentele e il suo ruolo di maestro e profeta appariva troppo paradossale…
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