« Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: “Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?”. E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo. Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: “Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?”. Ed egli rispose: “Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli””. I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: “In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà”. Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: “Sono forse io, Signore?”. Ed egli rispose: “Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”. Giuda, il traditore, disse: “Rabbì, sono forse io?”. Gli rispose: “Tu l’hai detto” » (Mt 26,14-25).
Un contrasto emerge evidente e paradossale tra le trenta monete d’argento che è la paga del tradimento di Gesù e i trecento denari del valore del vaso di nardo « frantumato » (e quindi reso definitivamente inservibile Mc 14,3) dalla donna in onore di Gesù. Di per sé i trenta pezzi d’argento non corrispondevano a « trenta denari» come si dice spesso, ma ad una cifra superiore.
Per la precisione erano 120 denari, una cifretta con cui si poteva comperare un campo. Il rapporto è quindi tra 120 e 300 denari, tenendo conto che un denaro era la paga giornaliera di un lavoratore del tempo. Il contrasto non è “numerico” e non si traduce in un calcolo. Se io dono un’ora del mio tempo a Gesù per pregare, quell’ora non è conteggiabile come le otto che impiego a lavorare. Quell’ora è “sprecata” agli occhi calcolanti del mondo. Però è profumata…
La differenza è qualitativa. Da quell’ora scaturisce un profumo che pervade tutto quello che faccio poi: lavorare, mangiare, dormire, parlare, stare con gli altri. Non solo quello che faccio, ma quello che sono: « Noi siamo […] il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per quelli che si perdono » (2Cor 2,15).
Il Santo del giorno: San Giovanni di Dio