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Attacco al Natale

21 Dicembre 2016 - Autore: Andrea Morigi

Carneficina al mercatino di Berlino per le feste: almeno nove morti e molti feriti. Allarme anche nel nostro Paese

L’attacco a Berlino, il centro dell”Europa, e al Natale, l’origine della civiltà cristiana, colpisce due obiettivi simbolici. Il numero delle vittime non fa che accrescere l’ importanza strategica dell’azione terroristica di ieri sera.
Il messaggio firmato col sangue dei tedeschi attraverso la strage è semplice benché barbaro: nessuno deve più sentirsi al sicuro, come non lo sono i francesi dopo Parigi e Nizza, i belgi dopo Bruxelles e tutti gli altri europei costretti a cedere al mito dell’integrazione con una popolazione islamica sempre più numerosa e influente, ma che al suo interno nutre e nasconde un nucleo di kamikaze votati alla morte in nome di Allah.
Nei quartieri dove vige la legge coranica, le donne non possono né circolare da sole né a capo scoperto né frequentare i bar, si sperimenta in scala minore il regime che l’Isis ha instaurato in parti della Siria e dell’ Iraq. Se ci si trova particolarmente a proprio agio in quel clima di oppressione, è segno evidente che ci si può arruolare e partire per andare a combattere la jihad. Un viaggio che in pochi anni hanno già intrapreso cinquemila persone, secondo le stime degli esperti.
Ultimamente, però, i cosiddetti foreign fighter hanno invertito la rotta. Sono un esercito, addestrato al combattimento, al sequestro di ostaggi e alla fabbricazione di esplosivi ma costretto a ritirarsi dalle proprie posizioni per effetto dei bombardamenti degli occidentali e dei russi. È naturale che vogliano vendicarsi sul nemico puntando alla popolazione civile inerme, accusandoci a loro volta di aver sterminato donne e bambini ad Aleppo.
In realtà, sono i cosiddetti ribelli ad averli ridotti in condizioni disumane, ma la propaganda è un’ arma potentissima della guerra psicologica: serve a motivare le truppe per mandarle al martirio.
Quindi non vengono in licenza premio, ma in missione di guerra, avvertiva, appena due settimane fa, il direttore di Europol, Rob Wainwright: «Temo sia vero che altri attacchi sono probabili, ma anche le risposte sono più forti, quindi penso che arriveremo al punto in cui ridurremo la minaccia dell’Isis. Ma al momento», ammette, «non ci siamo ancora arrivati». Prevedere cosa faranno è impossibile. Ma visto che l’ Europa è così vulnerabile, tanto vale replicare le azioni di successo già compiute in Europa.
Eppure «sarebbe un grande errore credere semplicemente che la minaccia venga da fuori», dice il coordinatore antiterrorismo dell’ Unione europea, Gilles De Kerchove. Il rischio al quale si riferisce è interno: «Abbiamo molta gente soggetta alla radicalizzazione in Europa». Almeno, in Italia, vengono espulsi senza tanti complimenti. Ma altrove si preferisce andare con i piedi di piombo, intimoriti dalle reazioni della comunità islamica.
Si cerca il musulmano buono, invece di perseguire quello cattivo. Ma quando da alcune moschee si alzeranno le più intransigenti parole di condanna del gesto assassino, presto si dimenticherà che vi è una parte di fondamentalisti musulmani che magari rifugge la violenza, ma persegue il medesimo scopo dei terroristi: conquistare l’ Europa e privarla delle sue tradizioni.
Nelle scuole turche della stessa Berlino, il Natale è stato cancellato con il sostegno di Ankara che approva: la festa cristiana non fa parte del curriculum scolastico. Ci vogliono togliere di mezzo, con qualsiasi mezzo. Anzi, le frange cosiddette moderate, prendendo le distanze dagli attentati, otterranno ancora maggior credito presso le istituzioni degli «infedeli» e da domani stesso potranno negoziare altre concessioni. In attesa che il prossimo camion si lanci sulla folla.

Andrea Morigi

 

Da “Libero” del 20 dicembre 2016. Foto Tgcom24 

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