Da La bianca Torre di Ecthelion del 07/07/2018. Foto da articolo
A 14 anni dalla sentenza, il Giappone ha giustiziato il leader del movimento millenarista giapponese Aum Shinri-kyō (“Suprema verità”), Shōkō Asahara, pseudonimo di Chizuo Matsumoto. Nato nell’isola di Kyushu nel 1955, cieco da un occhio e miope dall’altro, Asahara è stato impiccato ieri con sei seguaci a Tokyo, nella prigione del quartiere di Katsushika. Altri sei attendono nel braccio della morte. A portare il gruppo al patibolo è stato l’attacco con il gas nervino perpetrato nella metropolitana di Tokyo il 20 marzo 1995: 12 morti e migliaia di feriti tra convulsioni e vomito, paralisi e cecità. Ma la banda terrorista non era tutta l’Aum Shinri-kyō: era una “setta nella setta”. Un gioco mortale di scatole stavolta giapponesi alle spalle di tantissimi fedeli ignari. Tant’è che il governo giapponese, resistendo a enormi pressioni mediatiche, non ha bandito il movimento, il quale, riorganizzato, esiste ancora con il nome di Aleph.
Certo, all’epoca fu un guazzabuglio, visto che la “Suprema verità” era stata lodata dalle autorità buddiste e che il Dalai Lama aveva riconosciuto in Asahara un legittimo maestro tantrico (oggi il Partito Comunista Cinese diffonde ancora video dei due assieme, giusto per mettere il leader tibetano).
La dottrina del gruppo era un miscuglio di induismo, buddismo, religiosità popolare giapponese e pure esoterismo cristiano. Dopo avere studiato in una scuola per ciechi, Chizuo Matsumoto aprì un centro yoga nel 1984 adottando lo pseudonimo con cui è stato conosciuto. Si faceva immortalare crocifisso, vaticinava su Nostradamus e sosteneva che Adolf Hitler fosse un grande iniziato con poteri paranormali. Predicava poi che il nirvana, il fine ultimo della vita in certe vie orientali che assicura la liberazione da ogni sofferenza, fosse raggiungibile senza reincarnazioni mediante un percorso fatto di quattro gradi iniziatici (l’ultimo segreto). Ma occorreva affrettarsi perché la fine del mondo era prossima, tra il 1997 e il 2000. Fu così che maturò la strage nel metrò? O fu invece la frustrazione per il successo modesto del suo metodo? O per contrasti interni e conflitti con le autorità? Le indagini affermano che si volle sviare la polizia dalle morti violente di certi dissidenti della “setta” stessa.
Le impiccagioni di ieri sono state eseguite dopo la conclusione di tutti i processi di appello, ma la stampa giapponese aggiunge che si è voluto fare tutto prima che l’imperatore Heisei si ritiri, come annunciato, l’anno venturo (e non sta bene) onde chiudere nell’era del suo regno una vicenda iniziata nella medesima era: nel primo anno del nuovo imperatore nessuno viene infatti giustiziato. «I giapponesi puliscono la casa a dicembre per accogliere il nuovo anno», dice a Libero Eriko Kawanishi, antropologa con un lettorato part-time nell’Università di Kyoto. «Le esecuzioni sembrano avere seguito la stessa tradizione. Cambiare imperatore spinge a eseguire le condanne a morte».
Resta un fatto: un setta è una setta, ma non ogni fede lo è. La differenza sta nelle dottrine. Ad Asahara ‒ ha rilevato lo psichiatra statunitense Robert Jay Lifton ‒ era caro il concetto di poa, l’“uccisione altruistica” come igiene palingenetica del mondo che avvicinare la fine. La tecnica fu creata in versione laica dai comunisti cinesi, ma è stata applicata anche da certe “sette”. Ma se è vero, allora i meno indicati per trattare di religioni sono i laicisti che consegnerebbero volentieri ogni credente ai secondini. Facendo il gioco dei pochissimi Asahara in circolazione.
Marco Respinti