
Quando un manifesto diventa arte e rompe il silenzio
di Andrea Morigi
Trent’anni di totalitarismo comunista in Bielorussia condensati in trenta manifesti. L’opera grafica di Arthur Vakarov, esposta a Brescia dal 22 febbraio al 9 marzo 2025, ma riprodotta nel volume curato da Giulia De Florio, Bielorussia viva tra dittatura e resistenza (Morcelliana, Brescia 2025), indica che il muro, distrutto a Berlino nel 1989, è solo stato spostato ed è ancora in piedi ai confini con la Polonia, la Lituania e la Lettonia.
Da quando Aleksandr Lukashenko ha preso il potere a Minsk nel 1994, mantenendolo per sette mandati consecutivi da presidente, sono state abolite le libertà più elementari. Il centro per i diritti umani Viasna, ritenuto dal regime una formazione estremista sebbene il suo fondatore Ales Bialjacki abbia ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 2022, elenca 1.203 detenuti politici alla data del 21 marzo 2025, senza che la loro protesta riesca a farsi sentire. Se si solleva il loro caso, li torturano, li processano e li condannano anche a morte, poiché nel Paese vige ancora la pena capitale. Ci hanno provato, le opposizioni, ad andare in piazza, in coincidenza con le elezioni farsa dell’agosto 2020. Alle manifestazioni sono stati filmati tutti, con la promessa che sarebbero andati a prenderli uno per uno.
Quando il KGB – che a Minsk si chiama ancora così – bussa, senza mandato, si apre e ci si lascia perquisire la casa. Se no buttano giù la porta. Khristianskaja Vizja riferisce che nella regione di Vitebsk, una parrocchiana della città di Glubokoe è stata accusata di “diffusione di materiali estremistici” perché era in possesso di volantini in cui si augurava la pace fra Mosca e Kiev. Un prete di Shumilino è stato incriminato, mentre si trovava in carcere da cinque mesi, per aver pubblicato una bandiera ucraina sui social.
Vogliono far capire alla popolazione che l’Ufficio del Rappresentante Plenipotenziario per gli Affari Religiosi e di Nazionalità (OPRRNA) non può tollerare che, in un territorio dove il presidente russo Vladimir Putin ha piazzato le sue armi nucleari tattiche, si dubiti della potenza militare del Cremlino. Così è stata ripristinata la pena per le attività condotte da gruppi religiosi non registrati, portandola da una multa a una pena detentiva di due anni.
Il giornalista Andrzej Poczobut, condannato l’8 febbraio 2023 per incitamento all’odio razziale e ad azioni volte a danneggiare la sicurezza nazionale della Bielorussia, sta scontando otto anni di reclusione in carcere di massima sicurezza, dopo essere stato arrestato il 25 marzo 2021 a Hrodna insieme ad altri attivisti dell’Unione dei polacchi. Aveva osato scrivere che l’invasione sovietica della Polonia nel 1939 fu una “aggressione”.
Schiacciati dalla repressione, costretti all’esilio, non resta che gridare. Anche attraverso i manifesti di Vakarov, condannato a sette anni di carcere per la sua attività di grafico. Rappresentare l’anniversario del regime di Minsk con un paio di manette, una aperta a riprodurre il 3 e l’altra chiusa che forma uno zero per raccogliere in un’immagine la crudeltà dell’ex repubblica sovietica.
Costruire un fotomontaggio con la cupola di una chiesa trasformata nella torretta di un carro armato per denunciare la connivenza fra il Patriarcato ortodosso di Mosca e l’apparato dello Stato. Deformare un cartello di divieto di accesso – bianco e rosso come la bandiera nazionale – fino a farlo sovrapporre con il perimetro della frontiera bielorussa, per fissare sulla carta geografica il territorio dove i diritti umani non hanno cittadinanza. Anche questo serve a rompere il silenzio, a testimoniare l’esistenza di un’opposizione, che non può essere abbandonata.
Sabato, 29 aprile 2025