Da La bianca Torre di Ecthelion del 07/10/2018. Foto da articolo
Il momento per cui i conservatori hanno combattuto, sperato, addirittura pregato per decenni è arrivato ieri, sabato 6 ottobre, attorno alle 16,00 ora di Washington, le 22,00 ora italiana. Brett M. Kavanaugh, il conservatore, il pro-life, il pro-family, il guardiano della Costituzione, il cattolico, è giudice della Corte Suprema federale degli Stati Uniti d’America, il tribunale che, con veri e propri colpi di mano, almeno nell’ultimo mezzo secolo, ha tralignato più e più volte, rendendo irriconoscibile il Paese più importante del mondo. La restaurazione è insomma iniziata.
Dopo il voto procedurale di venerdì, e un lungo dibattito finale, di rito, fra i senatori, Kavanaugh è stato eletto ieri con 50 voti su 100 a favore e 48 contrari. Il senatore Joseph Manchin è stato l’unico Democratico a votare “sì” e Lisa Murkowski l’unica Repubblicana ha schierarsi per il “no”. Tutto come annunciato. Ma in aula la Murkowski non ha espresso il proprio voto, limitandosi a dirsi “presente”. Lo ha fatto per fare un favore al collega sentore Steve Daines, assente poiché impegnato in Montana al matrimonio della figlia, evento fissato da mesi e che Daines aveva detto di non volersi perdere per nulla al mondo, così da non trasformare l’assenza di Daines, sostenitore di Kavanaugh, in un voto contro Kavanaugh. Alla fine dei conti si potrebbe dire che Kavanaugh è diventati giudice della Corte Suprema grazie al comportamento tanto decisivo quanto inaspettato, per ragioni diverse, delle due mele marce liberal Repubblicane e di un senatore Democratico preoccupato di essere rieletto il 6 novembre in West Virginia, uno Stato che nel 2016 si è abbondantemente schierato con Donald J. Trump.
L’opposizione Democratica ha fatto di tutto per cercare di boicottare uno dei momenti politici più importanti della storia statunitense, e quindi mondiale, degli ultimi decenni. Ha cercato di distruggere il carattere, il morale, la persona stessa di Kavanaugh, ma ha fallito, portando a casa solo un pugno di mosche e una figuraccia pessima. Con Kavanaugh alla Corte Suprema, infatti, la maggioranza dei nove giudici del massimo tribunale statunitense passa ai conservatori e si caratterizza per essere la compagine più conservatrice dagli anni 1930 a oggi. Non solo, la maggioranza conservatrice della Corte Suprema di oggi, cinque giudici su nove, è in maggioranza cattolica, quattro giudici su cinque: sono infatti cattolici il presidente di quell’augusta assise John G. Roberts e i giudici Clarence Thomas, Samuel A. Alito e Kavanaugh, e questo è un punto assolutamente rilevante. Soprattutto perché nessuno dei giudici conservatori cattolici della Corte Suprema è stato nominato da un presidente cattolico. Il cattolico Thomas è stato nominato dall’episcopaliano George W. H. Bush, il cattolico Roberts e il cattolico Alito sono stati nominati dal metodista George W. Bush Jr. e il cattolico Kavanaugh è stato nominato dal presbiteriano Trump. Il che significa due cose precise: la prima è che i presidenti degli Stati Uniti amici dei conservatori vedono nei conservatori cattolici una risorsa enorme per il Paese, la seconda è che i cattolici conservatori sono gl’interpreti e i garanti migliori della legge fondamentale del Paese, in una parola i patrioti più limpidi. Quale eterogenesi dei fini dalla fondazione degli Stati Uniti, quando i cattolici, minoranza, erano considerati poco o punto leali al Paese. E questo dà l’occasione per sottolineare, una volta in più, quanto, al momento decisivo, l’improbabile, surreale, istrionico Trump non sbagli un colpo. Per restare alla sola Corte Suprema, due volte Trump ha avuto l’occasione, inimmaginata, soprattutto in tempi tanto rapidi, di scegliere nuovi giudici e due volte, prima con Neil M. Gorsuch (protestante) e ora con Kavanaugh, Trump ha scelto due veri gioielli.
Kavanaugh ha giurato poche ore dopo la ratifica. Con tutta probabilità lunedì sarà ricevuto alla Casa Bianca (nel week-end Trump era in Kansas per sostenere i candidati Repubblicani alle prossime elezioni) e quindi da martedì sarà già al lavoro. A lui e alla Corte Suprema dove i conservatori sono finalmente maggioranza, e dove tra i conservatori sono maggioranza i cattolici, e dove la stessa presidenza è retta da un cattolico, spetta adesso il compito di riprendere le redini di un Paese in balia dell’estremismo ideologico e della partigianeria. Spetterà ai conservatori, e fra loro ai cattolici, ricuperare lo spirito autentico della nazione, debellare la malsana idea che il diritto sia ostaggio delle maggioranze politiche, dei tornaconti di parte e dei capricci delle lobby, restaurando il senso dell’onore e quello del dovere, lo spirito della libertà e quello della responsabilità. E francamente non c’è nessun altro che lo sappia fare meglio dei conservatori, e dei cattolici conservatori, gli unici a riverire ancora e a temere una lex suprema addirittura trascendente, un’idea di bene e di male che sovrasta e che precede e che attende alla meta gli uomini e le società storiche. Il relativismo, la secolarizzazione, il materialismo stanno aggredendo anche i religiosissimi Stati Uniti e ai conservatori tocca mettersi di mezzo, fermare il trend, addirittura invertirlo. Da sempre la tentazione, e purtroppo spesso la realtà, delle società umane è fare ciò che ricorda un famoso brocardo del giurista romano Ulpiano (170-223): «Quod principi placuit, legis habet vigorem», «Ciò che aggrada all’imperatore, ha vigore di legge». I conservatori hanno oggi l’occasione storica di affermare che ha invece vigore di legge ciò che nei cieli è scritto da sempre e per sempre essere giusto e buono e bello anche se non aggrada all’imperatore, ai suoi lacchè e alle turbe vocianti che egli mantiene con prebende ed elemosine. Non è nel potere dei giudici cambiare le mentalità e rifare le società, ma i giudici possono contribuire alla bontà delle leggi e le leggi creano il costume. Alla lunga contribuiscono significativamente cioè alla sanificazione della società, se non altro indicando con chiarezza alla sovrana libertà dell’uomo quale sia la strada per il baratro e quale invece sia la strada per quella che, con un understatement di umiltà e di realismo, i conservatori statunitensi chiamano da sempre a decent society. Da martedì. Oggi si godono la beatitudine di un momento più unico che raro.
Marco Respinti