di Cristina Cappellini
Sorprende il lavoro poetico del filosofo marchigiano Alessandro Pertosa. Nato a Civitanova Marche nel 1980, laurea in Farmacia e in Filosofia, Pertosa insegna Filosofia teoretica nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Ancona, che è sede distaccata della Pontificia Università Lateranense. Collaboratore di artisti e teatranti, ha pubblicato Dall’economia all’euteleia (Editori Riuniti, Roma 2014), Maledetta la Repubblica fondata sul lavoro (Gwynplaine, Camerano [Ancona] 2015), Lavorare sfianca (Damiani, Salò 2016) e Guarire senza dottori (Lindau, Torino 2018). Ha inoltre curato Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani (Lindau 2018) di Giacomo Leopardi (1798-1837).
In Passio. Con gli occhi degli altri (Carta Canta, Forlì 2019) Pertosa sorprende, commuove e ferisce con versi che hanno allo stesso tempo il sapore del miele e la durezza della pietra. È dolce la premura della madre di Gesù a cui «sconfina l’amore dal cuore» (versi di una potenza incredibile, che non si dimenticano facilmente), come sono dolci le parole delle donne che «vestite di nero con le lacrime agli occhi resistono a galla; tremanti gli sfiorano il viso di perla e terrore». Ma sono anche duri i versi che Pertosa usa per descrivere ciò che avviene davanti a una «folla informe, disumana». Sono duri come quel «luogo del cranio, detto Calvario» dove infine lo scempio si compie. L’opera fa rivedere la Passione «con gli occhi degli altri» (come dice il sottotitolo), di tutti gli altri: un anonimo discepolo attonito dopo aver udito le parole di Gesù, nell’ultima cena, senza averle comprese; Pietro e Giovanni, che ne seguono disperati e confusi gli ultimi passi.
Sembra di vederlo, Pietro, con il mantello sul volto per non farsi riconoscere. Segue il suo Maestro osservandolo a testa bassa, lo chiama «amico». Mentre lo rinnega sente dentro di sé «un’angoscia violenta» che gli «spacca il petto» e in lui si fa strada il ricordo (come uno «schianto», usa proprio questa parola Pertosa) delle parole di Gesù la sera dell’ultima cena: «Prima che il gallo canti, tu, stanotte, tre volte, mi rinnegherai». E allora Pietro, disorientato, si rivolge proprio a lui dicendo: «Mi guardi adesso, ti vedo ai confini del mondo come non ti avevo visto mai. Sono ancora più confuso, perduto. Sapevi di me il fondo oscuro. Come hai potuto…?».
Termina poi con queste parole di grande impatto: «Sei una moltitudine incredibile, Gesù. Sei per me, uno troppo grande. Non ci stai dentro al mio sguardo fragile. E queste lacrime di rabbia di tormento e di rancore scendono lente, non sanno dove andare. E io, non ci capisco niente». Ma la paura è ancora più palese in Giovanni: «Dovrei urlare di lasciarti in pace. Ma sono giovane e le parole cedono al terrore di svelare un mistero troppo grande. Atroce». E ancora: «Ma se solo trovassi il coraggio tra i fantasmi di questa mia inesprimibile paura glielo direi come stanno le cose. E magari, a fior di labbra parlerei io. Che sono Giovanni il discepolo di Dio». Disperato e colpevole risuona invece il grido di Giuda: “Saremo giudicati sull’amore e io ti ho amato da morire. Disperato tra le fiamme delle torce mi sale dal ventre al viso l’inafferrabile splendore sotto la sferza dell’ira, del mio dolore…». Concludendo: «Per trenta denari. Per soli trenta denari. L’amore non si vende, non si compra… che se fosse stato per quello, sarebbe da impiccarsi corda al collo. O forse meglio, essere mai nati…».
Sfilano, uno dopo l’altro, Pilato (che di Gesù dice: «Com’è limpido il suo sguardo com’è profondo il mare che lo separa da chi gli sputa e tra le onde nella burrasca lo trascina») ed Erode (che osserva, sempre guardando Gesù: «Gli canta l’uragano nella voce quando parla»). Quindi si vedono un combattuto Simone di Cirene (che teme, aiutando Gesù a portare la croce, di prolungare le sue atroci sofferenze), le lacrime inarrestabili della Veronica, i due ladroni. Persino il punto di osservazione del soldato romano, quello che inferse il colpo mortale a Gesù, diventa testimonianza dell’orrore e della potenza di ciò che accade davanti a Lui.
L’opera di Pertosa si ispira di certo a chi prima di lui si è cimentato con la rielaborazione letteraria della Via Crucis, ma i suoi versi e il suo stile rimandano certamente alla poesia magnetica di Davide Rondoni, del resto autore della prefazione di Passio.
I personaggi della Via Crucis di Pertosa sono tutte anime stravolte dalla grandezza e, per certi versi, dalla difficoltà di comprensione di ciò a cui stanno assistendo. Grandezza e incomprensione sono quindi le due facce di una stessa medaglia da cui tutti sono in varia misura attratti e che per alcuni di loro si traduce in amore sconfinato, «sperduto» (per usare un aggettivo caro proprio a Rondoni).
Le pagine di Passio sono accompagnate dalle illustrazioni di Giuliano Del Sorbo, che aggiungono valore a un’opera che si legge tutta d’un fiato e che, per l’appropriatezza e la suggestione del testo, si continuerebbe a leggere e rileggere.
Sabato, 14 settembre 2019
*foto in evidenza: particolare della copertina di “Passio. Con gli occhi degli altri”