
Il venticinquenne Spiro Haddad, che l’ estate scorsa insieme a un gruppo di amici era fuggito chiedendo asilo in Austria, ora si è ristabilito in un sobborgo di Damasco e spiega a un’emittente tedesca, Ntv, di averlo fatto per ragioni di sicurezza personale.
Già sulla rotta da Beirut a Istanbul, passando per Smirne e il Mar Egeo, si accorge di quanto rischierebbe confessando di essere cristiano. Nei campi di accoglienza, dall’Ungheria alla Germania, fra il filo spinato e i pastori tedeschi, sono i fondamentalisti islamici a spadroneggiare, con l’intento di sostituire le chiese con le moschee. Spiro, separato dagli amici, si sente costretto a parlare come loro, a comportarsi come loro per non finire male perché «sono proprio quelli da cui ero fuggito ad aver preso il controllo della situazione».
Nel suo progetto originario, voleva far trasferire anche sua madre. Ora è tornato a vivere con lei e a lavorare in televisione, dove almeno può esprimersi liberamente sui terroristi islamici, la guerra, la sofferenza e l’esodo delle popolazioni coinvolte. E ce ne sono molti altri come lui, fra i suoi colleghi, che preferiscono non parlare. Di quell’esperienza rimane soltanto un carico di amarezza e un’ impressione pessima sul futuro dell’Europa: «Se non capite che, aprendovi a tutti, vi distruggeranno, sono preoccupato per voi».
Gli oltre cento attacchi del 2017 contro simboli e luoghi di culto cristiani in Germania non hanno particolarmente scosso l’opinione pubblica. Per non apparire razzisti si fa finta di nulla.