“La restituzione del perfetto equilibrio delle proporzioni diventa il canone estetico per la costruzione dello spazio pubblico: l’Atene di Pericle e di Fidia, con la bellezza e l’imponenza dei suoi edifici, è la rappresentazione dell’intero corpo della polis”
di Lucia Menichelli
Lo stupore che ci prende quando osserviamo un’opera d’arte deriva indubbiamente dal fatto che in essa ognuno di noi ritrova elementi che parlano alla propria interiorità, richiamando contemporaneamente principi universali. E il tema della bellezza, cui oggi tutti auspicano di tornare secondo l’adagio “La bellezza salverà il mondo” di dostoevskijana memoria, è ormai diventato un luogo comune che talvolta banalizza il senso di questo richiamo. E’ pur vero però che questa rinnovata tensione a cogliere una dimensione estetica dell’esistenza può essere considerata una consolante presa di coscienza del fallimento del paradigma scientista che nell’età moderna ha progressivamente emarginato la bellezza in quanto categoria di giudizio.
E’ a questa consapevolezza che ci piace ricondurre l’organizzazione delle mostra FIDIA (ospitata dal 24 novembre 2023 al 5 maggio 2024 a Roma, presso i Musei Capitolini), la prima di un ciclo intitolato I Grandi Maestri della Grecia Antica. Articolato in sei sezioni, il percorso della mostra si concentra subito sul personaggio del grande scultore ateniese, indiscusso protagonista della sua epoca (gli inizi del V secolo a.C.), il cui contesto storico, politico e artistico viene illustrato attraverso importanti testimonianze e suggestive ricostruzioni; la fama e l’opera di Fidia travalicarono i confini della sua polis e quindi una parte della mostra è dedicata alle sue importanti realizzazioni ad Efeso e ad Olimpia; infine, viene documentata la sua eredità, a partire dall’influenza decisiva che egli esercitò sulle successive generazioni di artisti in Grecia e Magna Grecia fino all’imperitura fama che ha percorso tutta l’età moderna, a partire già dal Medioevo.
Pur nella difficoltà di godere della vista di un manufatto o di una scultura nella propria autenticità /integrità (la maggior parte delle opere originali è andata purtroppo perduta o ci è giunta gravemente danneggiata) , è comunque possibile, dai reperti rinvenuti, dalle testimonianze riportate e dalle ricostruzioni effettuate, avvertire il carattere eccezionale di tale produzione e rendersi conto tangibilmente di quello che è stato definito – secondo un’espressione classica, ora in parte superata, ma ancora suggestiva – il “miracolo” greco.
Lo storico Tucidide (460 a.C. – 400 a.C.) in quella stessa epoca se ne mostra consapevole, facendo dire a Pericle: «Amiamo il bello senza esagerazione e la cultura senza mollezza». Elemento fondamentale per la civiltà greca fin dalle origini (come ricorda il concetto già omerico di kalokagathia, come anche lo stesso “mito di fondazione” dell’epos, cioè il giudizio che Paride è chiamato ad esprimere, indicando la più bella tra le tre dee Afrodite, Atena ed Era), la bellezza è il risultato di un’indagine sulla natura e sull’uomo che sintetizza, nella rappresentazione, una perfetta armonia: “l’uomo è posto a misura dell’universo, è posto al centro della vita sul mondo, con la sua facoltà di ragionamento come con le sue passioni, e quindi con il suo giudizio etico: conseguentemente anche con la sua forma reale” (R. Bianchi Bandinelli).
La restituzione del perfetto equilibrio delle proporzioni diventa il canone estetico per la costruzione dello spazio pubblico: l’Atene di Pericle e di Fidia, con la bellezza e l’imponenza dei suoi edifici, è la rappresentazione dell’intero corpo della polis.
Universalmente riconosciuta tra le massime espressioni della creatività umana, l’arte greca vive però il paradosso che oggi i suoi capolavori originali sono quasi tutti perduti: è per questo che dell’opera personale di Fidia conosciamo in effetti ben poco, nonostante i caratteri della sua arte siano stati individuati e studiati fin dall’antichità; e paradossale è anche il fatto che già nell’antichità gli artisti greci non godevano di un grande riconoscimento da parte del corpo sociale (erano fondamentalmente degli artigiani, e la segretezza del loro sapere (téchne), l’attività finalizzata essenzialmente al guadagno, il loro statuto di stranieri o girovaghi suscitavano diffidenza nel resto della cittadinanza, in particolare nei nobili, per i quali degna era solo l’agricoltura, attività decisamente più naturale e pubblica in quanto praticata all’aperto): e forse è per questo che della sua biografia sappiamo ancor meno, data la scarsità e la poca chiarezza delle fonti – soprattutto coeve – che lo riguardano.
Ciò indubbiamente ha contribuito a creare attorno alla sua figura un alone leggendario, che si è alimentato nel corso dei secoli oltre la classicità, attraverso il Medioevo fino ai secoli più recenti (Canova fu noto come il “Fidia italico” e lo scultore neoclassico B. Thorvaldsen viene chiamato il “Fidia danese”).
Sabato, 9 marzo 2024