Da Libero del 02/03/2019. Foto da corriere.it
Per i suoi trent’anni, Hamza Bin Laden non poteva desiderare un regalo più gradito della taglia da un milione di dollari sulla sua testa, arrivato direttamente da Washington. Che lo scettro del comando di Al Qaeda passi di padre in figlio, ieri lo hanno riconosciuto perfino gli Stati Uniti, consacrando l’erede di Osama due anni dopo averlo inserito nella lista dei Terroristi Globali.
A parte le generiche motivazioni ufficiali, che lo individuano come un pericolo per aver «minacciato attacchi contro gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali» e del suo proposito pubblico di «vendicarsi per la morte del padre ucciso nel maggio del 2011 dalle forze Usa», fra le carte e i file che il team dei Navy Seal avevano trovato nel bunker di Abbottabad, la località del Pakistan dove si nascondeva il fondatore dell’organizzazione terroristica islamica, erano emerse anche alcune lettere che indicavano che Obama stava crescendo ed educando il figlio a essere il suo successore alla guida di Al Qaeda.
NON HA MAI COMBATTUTO
Hamza, secondo gli americani, è sposato con la figlia di Mohammed Atta, il terrorista islamico egiziano che guidò i dirottatori degli aerei che si sono schiantati contro il World Trade Center l’11 settembre. Ma, a parte il prestigio di cui gode per motivi genealogici, a differenza del numero 2 di Al Qaeda, il medico egiziano Ayman al Zawahiri, il giovane non ha alcuna esperienza di combattimento in prima linea.
Ci è voluto un po’di tempo a Osama bin Laden per avere un figlio che gli assomigliasse un po’e si dimostrasse degno di raccoglierne l’eredità. Prima di Hamza, nato nel 1989 dalla seconda moglie del fondatore di Al Qaeda, Khairia, quasi in contemporanea con Khalid, il figlio della terza moglie, Siham, fra i figli dello sceicco del terrore vi erano state più delusioni che gioie. Il primogenito, Abdullah ha sempre preferito seguire silenziosamente i propri affari in Arabia Saudita. Un altro, Omar, si è stabilito in Qatar e non vuole avere nulla a che fare col padre, mentre un terzo, Laden, dopo un breve periodo trascorso in un carcere iraniano, ha deciso di stabilirsi con la famiglia della nonna in Siria.
Gli unici ad aver accompagnato sempre il peregrinare di Osama sono Saad, Uthman, Mohammed, Khalid e Hamza. Saad è stato ucciso da un missile statunitense nel 2009, Khalid è morto tentando di difendere il padre nel rifugio di Abbottabad, in Pakistan, ma non aveva le doti del leader, mentre Uthman e Mohammed erano stati spediti lontano per non far correre loro pericoli.
Quanto a Hamza, dopo un trasferimento dall’Afghanistan all’Iran nel 2003, è stato spedito nel Waziristan, regione pakistana al confine con l’Afghanistan, dove ha dovuto faticare anche per ottenere il permesso di addestrarsi al tiro con le armi da fuoco.
PROCLAMI DI GUERRA
Tutto quel che ha potuto fare, insomma, sono dichiarazioni di guerra. I suoi proclami, che negli ultimi anni si sono intensificati attraverso videomessaggi, non sono diretti esclusivamente contro l’Occidente, ma puntano alla ricerca di consenso fra i palestinesi e alla condanna delle monarchie del Golfo, indicate come governi di apostati. Perciò, in seguito alla taglia statunitense, anche l’Arabia Saudita ieri ha compiuto la propria mossa revocando la cittadinanza al figlio dello “sceicco del terrore” Osama bin Laden. Una settimana fa la stampa ufficiale saudita aveva dato notizia della decisione del ministero degli Interni di Riad e ieri il dicastero ha annunciato un decreto del re che autorizza la revoca della cittadinanza.
Dalle parti della Mecca e di Medina, tuttavia, Hamza non c’è mai stato. Si muove, ipotizza la Bbc, nella zona di frontiera fra Afghanistan e Pakistan, dove i documenti d’identità non gli sono necessari quanto un kalashnikov o un gruppo di uomini armati che lo protegge.
Andrea Morigi