« Allora Giuda – colui che lo tradì -, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: “Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente”. Ma quelli dissero: “A noi che importa? Pensaci tu!”. Egli allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: “Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue”. Tenuto consiglio, comprarono con esse il “Campo del vasaio” per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato “Campo di sangue” fino al giorno d’oggi. Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: E presero trenta monete d’argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore » (Mt 27,3-10); « Giuda dunque comprò un campo con il prezzo del suo delitto e poi, precipitando, si squarciò e si sparsero tutte le sue viscere. La cosa è divenuta nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, e così quel campo, nella loro lingua, è stato chiamato Akeldamà, cioè “Campo del sangue” » (At 1,18-19).
Giuda Iscariota, dopo il tradimento si pentì di quello che aveva fatto, riportò il denaro ricevuto ai capi dei sacerdoti e agli anziani e confessò a loro la sua colpa (Mt 27,3-5). Non c’era tutto? Pentimento, restituzione, confessione? Eppure Giuda « si allontanò e andò a impiccarsi » (Mt 27,5). Che cosa è mancato? La fede nella misericordia di Gesù. Se Giuda si fosse precipitato dal Maestro e gli avesse detto « Signore abbi misericordia di me » noi oggi celebreremmo la festa di san Giuda Iscariota apostolo, perché « i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! » (Rm 11,29).