« Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: “Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni””. Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: “Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?”. Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: “Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio”. “Tu l’hai detto – gli rispose Gesù -; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo “. Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: “Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?”. E quelli risposero: “È reo di morte!”. Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, dicendo: “Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?”» (Mt 26,57-68).
Quello che si svolge nella casa di Caifa non è un vero e proprio processo alla presenza del Sinedrio. Sarebbe inutile confrontare quello che successe allora con le norme dettagliate contenute nel trattato Sanhedrin della Mišna, perché noi non conosciamo le norme del diritto penale dei tempi di Gesù e i dettagli della Mišna appartengono ad un epoca molto più tardiva.È molto probabile che si sia trattato di un interrogatorio approfondito mentre il processo si doveva svolgere davanti al procuratore romano. Il problema el tempio si situa al centro dell’interrogatorio. Si tratta di un problema che è – insieme – politico e religioso. È un problema politico perché la sussistenza del Tempio è ciò che da valore e sostanza alla terra di Israele e giustifica la permanenza del popolo di Dio. È anche, ed indissolubilmente, un problema religioso, perché il Tempio è il luogo in cui abita Dio e in cui Dio deve essere adorato. Gesù non ha mai affermato di voler distruggere il Tempio. Le testimonianze non sono sufficienti. Ha però detto, o lasciato intendere, che lui, la sua persona, si sarebbe sostituita al Tempio. « Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo » (Gv 2,18-21). Questo significava rinnovare dal profondo ogni cosa. Voleva dire far nascere un nuovo culto: « […] viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità” » (Gv 4,23-24). Il tempio potrà e dovrà essere in ogni luogo: « […] dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le nazioni e in ogni luogo si brucia incenso al mio nome e si fanno offerte pure, perché grande è il mio nome fra le nazioni. Dice il Signore degli eserciti » (Ml 1,11). Anche il senso in cui si deve intendere l’espressione “figlio di Dio” cambia e si fa ben più profonda e concreta. Caifa a questo punto fa appello alla pienezza della sua autorità per ottenere da Gesù una risposta che spezzi il suo silenzio («Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca » Is 53,7): « Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Di». È evidente che qui l’espressione “Figlio di Dio” prende proprio quel significato pieno che aveva assunto nella predicazione di Gesù, di cui il Sommo Sacerdote era ben informato. La risposta di Gesù è molto chiara. Come non vedere nella forma trasmessaci da Marco: « Io lo sono! » un ennesimo riferimento al nome impronunciabile di Dio di Es 3,14? Ma Gesù lo spiega ulteriormente intrecciando due citazioni dal Sal 110,1 e da Dan 7,13: « d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo ». Il mio Regno non è di questo mondo, non viene da questo mondo. Da dove viene? Viene dalla destra di Dio, da un luogo in cui si condivide in pieno la sua dignità e la sua potenza. A questo punto Caifa si straccia le vesti. « Il gesto del sommo sacerdote che si straccia le vesti non è dovuto a stizza, ma è previsto come dovere del giudice nell’esercizio delle sue funzioni quale segno d’indignazione all’udire una bestemmia » (Joachim Gnilka, Il Vangelo di Matteo, vol. 2, trad. it., Paideia, Brescia, p. 627). Allora lo aggrediscono con sputi e schiaffi; il conformismo vigliacco della meschinità umana si sente forte nell’aggredire chi non può (ma soprattutto non vuole…) difendersi. Non si rendono conto che così realizzano in pieno la profezia del servo di YHWH del profeta Isaia. Gesù « viena da Dio nella nube dell’occultamento » (Joseph Ratzinger, Gesù di Nazaret, seconda parte, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2011, p. 205).