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Il pensiero del giorno

7 Aprile 2017 - Autore: Don Piero Cantoni

« Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme. Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia » (Lc 23,6-12).

Pilato manda Gesù da Erode. Si tratta di Erode Antipa, figlio di quel re Erode che si era reso responsabile dell’uccisione dei bambini al tempo di Gesù. Erode era Tatrarca della Galilea e della Perea e questo fatto fornisce al procuratore il pretesto per inviargli Gesù e sbarazzarsi così di un caso per lui troppo imbarazzante. Erode Antipa conosceva già Gesù ed era il responsabile della morte di Giovanni il Battista (cfr. Mc 6,14-29; Mt 14,1-12; Lc 9,7-9). Erode Antipa è l’esponente di una famiglia le cui vicende assomigliano ad una sordida e complicatissima telenovela. Erode sposa la moglie di suo fratello Erode Filippo, che per di più era anche sua nipote. La cosa era apertamente proibita dalla legge (cfr. Lev 20,21) e Giovanni Battista rimprovera coraggiosamente Erode per questo. Erode è scosso dalle parole e dalla persona di Giovanni; si limita a metterlo in prigione e ad ascoltarlo volentieri di tanto in tanto, senza però ascoltarlo veramente e cambiare vita. Erodiade trova l’opportunità di far morire Giovanni servendosi della figlia avuta da Filippo. Quando la fama di Gesù giunge alle orecchie di Erode, Erode – secondo Mc (6,16) – fa sua un’interpretazione diffusa che faceva di Gesù una “resurrezione” di Giovanni. Si tratta di una concezione presente nella tradizione ebraica: quella di ereditare lo spirito di un profeta. Essa non ha ovviamente niente a che vedere con la reincarnazione, dato che le due persone sono contemporanee. Per comprenderne il senso basta pensare all’episodio di Elia che, prima di essere rapito su un carro di fuoco, trasmette il suo “spirito” a Eliseo lasciandogli il mantello (cfr. 2Re 2,8-15). Luca però, che non racconta il fatto della condanna e della decapitazione di Giovanni, non gli attribuisce questa convinzione: « Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». Ma su Gesù giravano anche altre voci, che fosse Elia (una concezione simile a quella precedente), oppure semplicemente un profeta. Quest’ultima era quella che si avvicinava di più alla realtà: in effetti in Gesù si compiva alla perfezione e in modo trascendente il ministero profetico. Lui non è solo un profeta, ma “il Profeta” annunciato a Mosè come il profeta definitivo: « Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto » (Dt 18,15). Erode cercava di vedere Gesù, ma non era interiormente disposto ad ascoltarlo, come già non aveva ascoltato Giovanni. Luca prepara l’incontro di Gesù con Erode che racconta qui (23,8-12). Davanti al desiderio non sincero e non vero di Erode Gesù tace. Perché il desiderio di Erode non è vero? Perché non nasce dal desiderio di conoscere la verità, ma solo dalla curiosità. Erode non è disposto ad incontrare la verità, qualunque essa sia, perché non è disposto ad accoglierla e a convertirsi. Anche qui emerge sempre più chiaramente il carattere di scontro definitivo con le forze del male rappresentato dal ministero di Gesù che continua ancora oggi con il ministero della Chiesa. La sua forza nascosta è il sacrificio di Gesù di cui quello di Giovanni fu una prefigurazione. Ecco perché il missionario ha sempre considerato la croce come la sua unica, ma onnipotente, arma. L’annuncio del Vangelo è come il grande e fondamentale esorcismo che libera il mondo dalle potenze del male. Ecco perché la soluzione vera e autentica dei nostri problemi, al di là di tante chiacchiere inutili ed ipocrisie, è quella di una nuova Evangelizzazione. Luca è il solo a trasmetterci la testimonianza di questo episodio.

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Info Don Piero Cantoni

Don Pietro Cantoni nasce a Piacenza il 19 aprile 1950. Autore di numerose pubblicazioni, è stato professore stabile di teologia presso lo Studio Teologico Interdiocesano “Mons. Enrico Bartoletti” di Camaiore (LU). Fondatore della Fraternità san Filippo Neri nella diocesi Massa Carrara – Pontremoli, è membro del capitolo nazionale di Alleanza Cattolica e guida Esercizi ignaziani dal 1975.

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