« Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé » (Gv 19,25-27).
Nel suo libro autobiografico Dono e mistero, san Giovanni Paolo II racconta come la sua devozione mariana, fortissima in quanto polacco, dovette superare una prova quando incominciò gli studi in seminario. Gli parve che Maria lo avesse sì condotto a Gesù, ma che ora, incontrato il Signore, il suo ruolo fosse finito. Anzi era ormai opportuno che lei si mettesse da parte per non fare da schermo al suo rapporto con Gesù. Finché il Papa non incontrò un libretto, che divenne il libro della sua vita, il Trattato della vera devozione a Maria di san Luigi Grignion de Montfort, in cui sta scritto: « Per mezzo della ss. Vergine Maria Gesù Cristo venne nel mondo, ancora per mezzo di lei deve regnare nel mondo » (n. 1). Capì allora che non solo Maria ci porta a Gesù, ma che anche Gesù ci porta a Maria. Questo è il significato profondo di questa terza parola di Gesù: « Ecco tua madre! ». In questo dialogo tra Gesù, Maria e il discepolo c’è il fondamento biblico di tutta quanta la devozione mariana. Se un fratello evangelico ci incalza affermando che la nostra devozione mariana contraddice la Bibbia, possiamo rispondergli che non è affatto vero, anche solo citandogli questi tre versetti di san Giovanni. Il fratello evangelico dirà che qui, semplicemente, Gesù affida al discepolo Giovanni la sua mamma nel momento della sua morte. Questa interpretazione però non ha senso, perché si scontra con almeno tre fatti inoppugnabili. Prima di tutto l’espressione “Donna” con cui Gesù si rivolge alla madre è qualcosa di straordinario. Con questa enfasi e questa pienezza di significato la troviamo solo cinque volte nella Scrittura: Gen 3,15; Gv 2,4; qui Gv 19,26; Gal 4,4; Ap 12,1. Non era il modo abituale con cui ci si rivolgeva alla Madre, anzi, assumeva un tono scortese al limite dell’insulto, a meno che non racchiudesse un mistero. Il mistero era sul ruolo unico che una Donna – e quindi la donna – avrebbero dovuto svolgere nella storia della salvezza. Sarebbe stato poi indelicato che Gesù si rivolgesse all’apostolo Giovanni con queste parole: « Ecco tua madre! », quando sappiamo che la madre biologica di Giovanni era presente (cfr. Mt 27,56). Ma poi, era quello il momento per Gesù di pensare al luogo dove la madre dovesse stare? La vita pubblica di Gesù era durata dai tre ad un anno (gli esegeti non sono d’accordo). Quindi era come minimo un anno che la madre era stata abbandonata da Gesù ed era andata a vivere, con ogni probabilità, dai suoi parenti: una donna sola non poteva stare. Ma c’è un argomento che ha un carattere decisivo: il carattere e lo stile proprio del vangelo di Giovanni. In esso gli episodi sono scelti con un criterio particolare, quello del loro simbolismo. In essi ci sono sempre almeno due livelli di comprensione: uno storico-letterale, l’altro simbolico-spirituale. Questo episodio dovrebbe fare eccezione? Udite le parole di Gesù, « da quell’ora il discepolo l’accolse con sé ». Non « la prese nella sua casa » come faceva la traduzione precedente. Il testo greco ha infatti: la prese « εἰς τὰ ἴδια », letteralmente « tra le sue cose proprie ». Quali sono le “cose proprie” del “μαθητὴς”, dello “studente”, del “discepolo”? Le verità della fede. Dal quel momento che Maria fosse sua Madre divenne per il cristiano una verità di fede.