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Il pensiero del giorno

13 Aprile 2017 - Autore: Don Piero Cantoni

« A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lemà sabactàni ?”, che significa: ” Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato ?”. Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Costui chiama Elia”. E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: “Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!”. Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio!” » (Mt 27,45-54).

Ecco un punto da cui si può capire che i racconti evangelici non sono creazioni della “comunità primitiva”. Se fosse stato creato dalla comunità non sarebbe stato fatto in questo modo, perché questo passo ha sempre costituito una “crux interpretum” (una croce per gli interpreti). Se Gesù è Dio, come può lamentarsi con Dio di essere stato abbandonato? Ammettiamo pure che qui si rivolga a Dio in quanto Padre, rimane però il problema di spiegare questo abbandono da parte del Padre, posto che Gesù stesso ha detto: « Io e il Padre siamo una cosa sola » (Gv 10,30). Gesù dall’alto della croce ha recitato probabilmente non soltanto il primo versetto, ma tutto il salmo 21/22. Il libro dei salmi era il libro di preghiere di ogni ebreo, con una preghiera per ogni situazione della vita. Questa è la preghiera del “disperato”, di qualcuno che ha perso tutto, la cui speranza rimane solo ed esclusivamente nell’aiuto di Dio. La cosa dovette colpire molto e questo è segnalato dal fatto non troppo frequente che le parole di Gesù siano riportate nella lingua in cui furono pronunciate. « Elì, Elì, lemà sabactàni », oppure « Eloì, Eloì, lemà sabactàni » nella versione di Marco (Mc 15,34) che traslittera la forma aramaica del primo versetto del Sal 21. Così Gesù aveva imparato il salmo dalla voce di Giuseppe e così tante volte lo aveva recitato da bambino sulle ginocchia della mamma. Qui finalmente il salmo prende il suo senso pieno. Che cos’è il peccato? Una rottura con Dio, disobbedendo alla sua legge. Gli uomini non l’avevano capito fino in fondo, ma Gesù sì. « Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio » (2Cor 5,21). Gesù ovviamente non fa il peccato, ma vive fino in fondo la conseguenza del peccato. Pensando alle sofferenze di Gesù, possiamo pensare che le menti perverse degli uomini avrebbero potuto inventare sofferenze ancora più atroci. Nessuno però può pensare di raggiungere il livello si sofferenza in cui si è trovato immerso Gesù: « Dove vado io, voi non potete venire » (Gv 8,21). Non c’è sofferenza che Gesù non abbia portato. Non solo “sopportato”, ma volontariamente portato con la forza del suo Amore e così facendo non abbia distrutto. Se rimaniamo uniti a Gesù con la fede possiamo partecipare alla sua stessa vittoria.

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