« Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì!” – che significa: “Maestro!”. Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro””. Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: “Ho visto il Signore!” e ciò che le aveva detto » (Gv 20,11-18).
« Non mi trattenere »! Maria vorrebbe trattenere Gesù in questa vita terrena, dove lo ha conosciuto, lo ha ascoltato, lo ha amato. Ma Gesù è entrato in una nuova vita, verso la quale ormai ci attira. La sua presenza d’ora in poi sarà una presenza sacramentale e spirituale. “Sacramentale”, cioè misteriosa: quelli che vedremo, toccheremo e ascolteremo immediatamente saranno dei segni della presenza di Gesù. Maria, come anche i discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24,16), non riconoscono Gesù risorto. D’ora innanzi per percepirne la presenza non basteranno più i sensi corporei, occorrerà il dono della fede ed una presenza speciale dello Spirito Santo. Una tentazione che dobbiamo scacciare subito: quella di pensare che questa nuova presenza di Gesù, « solo » spirituale, nel mistero dei sacramenti e della vita della Chiesa – che è il sacramento primordiale -, sia qualcosa di meno rispetto alla presenza terrena di Gesù. È facile che nella nostra mente aleggi una concezione che identifica ‘spirituale’ con vago, fumoso, soggettivo, sentimentale… Dobbiamo semplicemente rovesciare i termini: la presenza spirituale è la presenza la più vera, oggettiva, concreta che si possa concepire… Questo mondo in cui viviamo non è la realtà vera: a paragone del mondo nuovo a cui la Resurrezione di Gesù ha dato inizio è solo un’ombra. Sulla tomba del beato John Henry Newman c’è questa iscrizione « Ex umbris et imaginibus ad veritatem – Dalle ombre e dalle immagini alla verità ». Essa riassume in poche parole la concezione di fondo che anima tutta la vita e il pensiero del grande teologo oratoriano. Non che questo mondo sia fittizio: esso è assolutamente reale. Ma non è la realtà più vera. Don Divo Barsotti, pochi giorni prima di morire prese la mano del confratello che lo assisteva e disse: « portami nella realtà ». Ora viviamo, bene o male, in mezzo a tante difficoltà, malattie, delusioni e dolori. Nella vita a cui il Signore ci attira, c’è la vita vera. Una vita che incomincia già quaggiù e di cui noi dobbiamo assecondare lo sviluppo in noi. Il nostro uomo o donna vecchi muoiono progressivamente (si vanno disfacendo: 2Cor 4,16), mentre l’uomo o la donna nuovi crescono fino a raggiungere la pienezza: « finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. Al contrario, agendo secondo verità nella carità [ἀληθεύοντες δὲ ἐν ἀγάπῃ letteralmente: “veritando per mezzo dell’amore”], cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità. Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri, accecati nella loro mente, estranei alla vita di Dio a causa dell’ignoranza che è in loro e della durezza del loro cuore. Così, diventati insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza e, insaziabili, commettono ogni sorta di impurità. Ma voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità » (Ef 4,13-24). Che senso ha la nostra vita alla presenza del risorto? Dobbiamo imparare a rivestirci progressivamente di Gesù, « l’uomo nuovo », per essere « trovati vestiti, non nudi » (2Cor 5,3) quando la morte ci sorprenderà.