« Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: “Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?”. Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua”. E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi » (Mt 13,54-58).
L’insegnamento di Gesù era già stato causa di stupore (Mt 7,28), ma c’è stupore e stupore. C’è una meraviglia che è espressione di ammirazione e fiducia e una che manifesta solo sospetto e paura. A Nazaret Gesù è accolto con sospetto e paura perché viene a sconvolgere una conoscenza acquisita. La gente è incredula, perché crede di sapere già chi è Gesù e non è aperta alla profondità del mistero che dischiude la sua Persona. Proprio il riferimento ai fratelli e alle sorelle di Gesù apre anche a noi una prospettiva misteriosa a cui forse siamo troppo abituati. Quali sono le origini di Gesù? È veramente nato a Nazaret? È figlio dell’uomo o figlio di Dio? « Il silenzio del Vangelo secondo san Marco e delle Lettere del Nuovo Testamento sul concepimento verginale di Maria è stato talvolta causa di perplessità. Ci si è potuto anche chiedere se non si trattasse di leggende o di elaborazioni teologiche senza pretese di storicità. A ciò si deve rispondere: La fede nel concepimento verginale di Gesù ha incontrato vivace opposizione, sarcasmi o incomprensione da parte dei non-credenti, giudei e pagani [cfr. San Giustino, Dialogus cum Tryphone Judaeo, 99, 7; Origene, Contra Celsum, 1, 32. 69; e altri]: essa non trovava motivo nella mitologia pagana né in qualche adattamento alle idee del tempo. Il senso di questo avvenimento è accessibile soltanto alla fede, la quale lo vede in quel “nesso che lega tra loro i vari misteri” [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3016], nell’insieme dei Misteri di Cristo, dalla sua Incarnazione alla sua Pasqua. Sant’Ignazio di Antiochia già testimonia tale legame: “Il principe di questo mondo ha ignorato la verginità di Maria e il suo parto, come pure la morte del Signore: tre Misteri sublimi che si compirono nel silenzio di Dio” [Sant’Ignazio di Antiochia, Epistula ad Ephesios, 19, 1; cfr. 1Cor 2,8 ]. L’approfondimento della fede nella maternità verginale ha condotto la Chiesa a confessare la verginità reale e perpetua di Maria [cfr. Concilio di Costantinopoli II: Denz.-Schönm., 427] anche nel parto del Figlio di Dio fatto uomo [cfr. San Leone Magno, Tomus ad Flavianum: Denz.-Schönm., 291; 294; Pelagio I, Lettera Humani generis: ibid., 442; Concilio Lateranense (649): ibid., 503; Concilio di Toledo XVI: ibid., 571; Pio IV, Cost. Cum quorumdam hominum: ibid., 1880]. Infatti la nascita di Cristo “non ha diminuito la sua verginale integrità, ma l’ha consacrata” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 57]. La Liturgia della Chiesa celebra Maria come la “Aeiparthenos”, “sempre Vergine” [cfr. ibid., 52]. A ciò si obietta talvolta che la Scrittura parla di fratelli e di sorelle di Gesù [cfr. Mc 3,31-35; Mc 6,3; 1Cor 9,5; Gal 1,19 ]. La Chiesa ha sempre ritenuto che tali passi non indichino altri figli della Vergine Maria: infatti Giacomo e Giuseppe, “fratelli di Gesù” (Mt 13,55) sono i figli di una Maria discepola di Cristo [cfr. Mt 27,56] la quale è designata in modo significativo come “l’altra Maria” (Mt 28,1). Si tratta di parenti prossimi di Gesù, secondo un’espressione non inusitata nell’Antico Testamento [cfr. Gen 13,8; Gen 14,16; Gen 29,15; ecc.]. Gesù è l’unico Figlio di Maria. Ma la maternità spirituale di Maria [cfr. Gv 19,26-27; Ap 12,17] si estende a tutti gli uomini che egli è venuto a salvare: “Ella ha dato alla luce un Figlio, che Dio ha fatto “il primogenito di una moltitudine di fratelli” (Rm 8,29), cioè dei fedeli, e alla cui nascita e formazione ella coopera con amore di madre” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 63] » (Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 498-501). Qui diventa evidente come la vera devozione a Maria apre il nostro cuore alla profondità del mistero di Gesù, lo sottrae alla superficialità e all’astrazione di quello che “crediamo di credere” e ci fa entrare nel vero stupore del figlio dell’uomo che, nel ventre di Maria è stato – insieme – Figlio di Dio. Se ci lasciamo plasmare da questa devozione diventiamo anche noi “figli nel Figlio”.