Gesù morendo « discese agli inferi » (Simbolo degli Apostoli),
cioè va a incontrare quanti lo hanno atteso e hanno sofferto qualcosa per lui, anche se lo conoscevano solo implicitamente: i patriarchi, i profeti e gli eroi dell’Antico Testamento (cfr. Eb 11). Ma anche tutti i giusti, tutti gli uomini e le donne semplici che hanno avuto fede nella salvezza operata da Dio.
Anche al di fuori di Israele, tutti coloro che con sincerità e generosità hanno aderito alla verità da loro conosciuta e hanno patito per essa. Gesù va a comunicare quel supplemento di luce che ancora manca alla loro fede: «In spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione» (1 Pt 3,19). «La buona novella è stata annunziata anche ai morti» (1 Pt 4,6). È un evento che troppo spesso dimentichiamo, eppure non è affatto marginale, perché è incluso tra gli articoli di fede del credo: « discese agli inferi ».
« Cristo […] è disceso nella profondità della morte [cfr. Mt 12,40; Rm 10,7; Ef 4,9] affinché i morti udissero la voce del Figlio di Dio e, ascoltandola, vivessero [cfr. Gv 5,25]. Gesù “l’Autore della vita” (At 3,15) ha ridotto “all’impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo” liberando “così tutti quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Eb 2,14-15). Ormai Cristo risuscitato ha “potere sopra la morte e sopra gli inferi” (Ap 1,18) e “nel nome di Gesù ogni ginocchio” si piega “nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,10 ) » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 635).