« Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”. Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato mio figlio . Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più » (Mt 2,13-18)
Un certo numero di esegeti mette in dubbio la realtà storica di questo avvenimento. È vero che esso non viene riportato da fonti storiche estrabibliche, ma questa non può essere una ragione valida per dire che non è avvenuto realmente. Nell’anno 7 a.C. Erode aveva fatto morire i suoi figli Alessandro e Aristobulo, avvertiva infatti che il suo potere era minacciato da loro. Nell’anno 4 a.C. aveva fatto fare la stessa fine al figlio Antipatro per l’identico motivo. Questi fatti dimostrano che Erode considerava il suo potere l’unica cosa importante: non deve stupire quindi che la notizia della nascita del Messia, appresa dai Magi, dovesse allarmarlo seriamente. Un uomo come lui, tutto preso dalla passione per il potere, non doveva avere scrupoli. « La credenza nell’arrivo o nella nascita, nell’immediato futuro, del re messianico era allora nell’aria. Il despota sospettoso percepiva dappertutto tradimento e ostilità, e una vaga voce, arrivata al suo orecchio, poteva facilmente aver suggerito alla sua mente malata l’idea di uccidere i bambini nati nell’ultimo periodo. L’ordine non ha quindi nulla di impossibile » (Rudolph Pesch, cit. in: Joseph Ratzinger, L’infanzia di Gesù, Rizzoli, Milano 2012, p. 126). « La fuga in Egitto e la strage degli innocenti [cfr. Mt 2,13-18] manifestano l’opposizione delle tenebre alla luce: “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11). L’intera vita di Cristo sarà sotto il segno della persecuzione. I suoi condividono con lui questa sorte [cfr. Gv 15,20]. Il suo ritorno dall’Egitto [cfr. Mt 2,15] ricorda l’Esodo [cfr. Os 11,1] e presenta Gesù come il liberatore definitivo » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 530). I piccoli, sacrificati dal tiranno per un motivo così iniquo, sono venerati giustamente dalla Chiesa come martiri, in quanto sono morti al posto del piccolo Gesù; essi hanno così prefigurato, con la loro morte, la sua morte per amore, con cui ci avrebbe tutti quanti liberati dalla schiavitù del peccato. Erode ha avuto paura di perdere il potere, in realtà non ha voluto perdere il suo attaccamento al potere che era proprio quel peccato da cui Gesù veniva a liberarlo, un peccato “radicale”, perché da lui scaturivano altri peccati, come l’assassinio dei propri figli. Non è il potere, il sesso o la ricchezza che ci tengono schiavi, ma il nostro attaccamento sbagliato a queste realtà in sé stesse buone, con cui noi stessi rinunciamo alla nostra libertà e ci prestiamo a commettere tante nefandezze. Apriamo il nostro cuore a Gesù, non esiliamolo in Egitto, lasciamolo entrare; non ci porta via nulla, ci libera soltanto dai nostri attaccamenti egoistici che ci rendono schiavi. Aprite le porte a Gesù! Non abbiate paura di Gesù! Non ci porta via nulla, ma ci dà tutto: la libertà vera e l’amore vero.