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Il pensiero del giorno

3 Marzo 2019 - Autore: Don Piero Cantoni

« Disse loro anche una parabola: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda » (Lc 6,39-45).


Dobbiamo stare attenti a non giudicare: « Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi » (Mt 7,1-2). Ma è possibile e giusto non giudicare proprio mai? Il male è male e tale lo dobbiamo chiamare. In questo sta il nocciolo della questione: quando giudichiamo gli altri dobbiamo stare attenti a giudicare correttamente e quindi a tener conto di ciò che è principale e di ciò che è secondario. Normalmente le persone non sono totalmente coerenti nei loro atteggiamenti: c’è sempre qualcosa che non torna. « […] il giusto cade sette volte » (Pr 24,16).

Se ci esaminiamo attentamente davanti a Dio scopriamo facilmente tante incoerenze nei nostri comportamenti: siamo per esempio proprio sicuri di non aver mai giudicato male il nostro prossimo e di non aver proferito a suo riguardo parole cattive non provate e ingiuriose? Il saggio è colui che sa discernere negli atteggiamenti di una persona quello che veramente conta da quello che è accessorio. Ma è difficile! Certo: dove sta scritto che giudicare il prossimo è facile? Se non ci riesci astieniti dal dare giudizi negativi e giudica bene. Così insegna sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali: « […] occorre presupporre che ogni buon cristiano debba essere più disposto a interpretare una affermazione oscura del prossimo in senso buono che a condannarla. Se non può giustificarla in nessun modo, si faccia spiegare come egli la intende, e se il senso non è proprio corretto, lo corregga con amore; e, se non basta, cerchi tutti i mezzi convenienti perché la sua comprensione sia sana e sia liberato dall’errore » (n. 22).

Non si corre così il rischio di non difendersi dal male? Di cadere nei lacci del nemico astuto? Ci vuole discernimento, che è un dono di Dio e frutto di esperienza e di allenamento. In ciò consiste una parte essenziale di quella sapienza che Salomone ha chiesto e ottenuto da Dio (Sap 9,4; cfr. 1 Re 3,9). A volte ci sono persone astute da cui stare in guardia. Se però non sono sicuro debbo astenermi dal dare giudizi, altrimenti pecco gravemente e il male mi ha vinto e conquistato. Discernere il nucleo buono delle persone e fondarsi su di esso allora non è dabbenaggine, ma saggezza cristiana. Dare fiducia alle persone è un modo sicuro per aiutarle a diventare buone e per diventare buoni noi. Attaccarsi al particolare negativo, tralasciando il fondo positivo è il modo migliore per crescere nella cultura del sospetto che ti avvelena la vita, fa il vuoto attorno a te, ti rende odioso agli altri e cieco riguardo al bene che ti circonda.

Di più: ti rende strumento diabolico del peggioramento del prossimo che tu incontri: « Non è questa la sapienza che viene dall’alto: è terrestre, materiale, diabolica ». « Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello ».

Gesù lavorava il legno per mestiere e sapeva bene che differenza c’è tra una trave e quella scheggia di legno che entra nel tuo occhio proprio mentre stai lavorando alla trave e che ti impedisce di lavorare bene… Usa la sua esperienza di lavoratore per invitarci a fare attenzione alla nostra vista, conservando chiaramente davanti a noi la differenza che intercorre tra una scheggia e una trave: sono entrambe di legno, ma diverso è il loro effetto sul nostro occhio!


Il Santo del giorno: Beato Innocenzo da Berzo (Giovanni Scalvinoni), Sacerdote Cappuccino

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