« […] disse loro: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”. Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio » (Lc 24,46-53).
I Vangeli non prestano molta attenzione al fatto dell’Ascensione tanto il loro interesse è polarizzato sulla continuità della presenza di Gesù nella Chiesa. L’unico che ne parla esplicitamente (a parte un fugace accenno in Mc 16,19, in una parte: 16,9-20, che pur essendo ispirata, è stata aggiunta successivamente) è san Luca che conclude il suo Vangelo e incomincia il libro degli Atti con l’Ascensione. Gesù lascia materialmente la terra e porta la sua natura umana in cielo, ma senza spezzare i legami che lo congiungono con tutti i suoi, anzi!
«Fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio» (Mc 16,19). «La vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio!» (Col 3,3). «È una ineffabile realtà questa: ascese sopra tutti i cieli ed è vicinissimo a coloro che si trovano ancora sulla terra» (Sant’Agostino, Disc. 171). Paradosso: allontanandosi in Dio si è fatto ancor più vicino agli uomini… Gesù salendo al cielo e sedendo alla destra di Dio è “entrato nella stanza dei bottoni”.
Ormai abbiamo un nostro fratello (Gesù è vero uomo), che ci ama (ha dato la sua vita per noi) e ci è vicinissimo (abita, mediante la fede, nei nostri cuori) che si è seduto sul trono di Dio. Possiamo ormai dire – senza nessuna presunzione – a chi ci minaccia: “tu non sai chi sono io! guarda che ho degli amici molto in alto…”.