« Se soltanto poteste sopportare un po’ di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate. Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina: vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta. Temo però che, come il serpente con la sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo. Infatti, se il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi, o se ricevete uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo. Ora, io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi superapostoli! E se anche sono un profano nell’arte del parlare, non lo sono però nella dottrina, come abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a voi. O forse commisi una colpa abbassando me stesso per esaltare voi, quando vi ho annunciato gratuitamente il vangelo di Dio? Ho impoverito altre Chiese accettando il necessario per vivere, allo scopo di servire voi. E, trovandomi presso di voi e pur essendo nel bisogno, non sono stato di peso ad alcuno, perché alle mie necessità hanno provveduto i fratelli giunti dalla Macedonia. In ogni circostanza ho fatto il possibile per non esservi di aggravio e così farò in avvenire. Cristo mi è testimone: nessuno mi toglierà questo vanto in terra di Acaia! Perché? Forse perché non vi amo? Lo sa Dio! » (2Cor 11,1-11).
Vantare se stessi, mettendo in mostra le proprie vere o presunte qualità, non è una bella cosa. Era un atteggiamento disdicevole anche presso i pagani. Plutarco non teme di affermare: «[…] svergognati e sfacciati stimiamo i lodatori di sè stessi […]» (Opuscoli di Plutarco volgarizzati da Marcello Adriani, vol. 3, Sonzogno, Milano 1827, p. 528). Ma possiamo dire che è una impressione di senso comune.
Se san Paolo si vanta è con ironia che lo fa. Già lo aveva fatto all’inizio della prima lettera ai Corinzi: lì il motivo del vanto era la Croce: « scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani » (1Cor 1,23). Vantarsi della croce di Gesù è qualcosa di scandaloso per un ebreo. Come fai a convincere che Lui, quello che muore in croce in modo pieno di ignominia e di disprezzo è il vero padrone del mondo? Spogliato di tutto, delle proprie vesti e della propria dignità, è Lui in realtà proprio la sorgente prima di ogni dignità?
Di questo scandalo è rimasta un’eco nel Corano per cui gli infedeli sbagliano: « […] per aver detto “Abbiamo ucciso il Cristo, Gesù il figlio di Maria, messaggero di Allah” mentre non lo hanno né ucciso né crocifisso. Bensì qualcuno fu reso ai loro occhi simile a lui [oppure: Ma così parve loro].» (Sura IV versetto 157). Dunque per i musulmani quello che è successo sulla croce è stata una parvenza: Gesù è stato prelevato da Dio e portato in cielo e tornerà a giudicare il mondo. Anche per gli islamici infatti alla fine dei tempi tornerà Gesù e giudicherà anche noi che abbiamo creduto che sia morto in croce, perché non è possibile che Dio lasci morire un suo profeta di questa morte orribile.
Su come questa morte apparente sia avvenuta il Corano non è troppo chiaro e i commentatori islamici discutono ancora adesso se un sosia sia morto al suo posto o se Dio abbia effettuato il rapimento in modo nascosto. Lo scandalo diventa una pazzia se ragioni da pagano: è da pazzi pensare che una sconfitta (la Croce) sia in realtà una vittoria.
San Paolo fa il “folle”, per annunciare ciò che pazzia non è, ma sapienza trascendente: con la Croce – cioè con un Amore completamente dimentico di sé – il Figlio di Dio sconfigge il male (il maligno) e rinnova radicalmente il mondo. «Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte » (2Cor 12,10).
Il Santo del giorno: Beata Vergine Maria Consolatrice