« Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità. […]. […] perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male. Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità! » (Qo 1,2;2,21-23).
Qoèlet è “colui che partecipa all’assemblea”. In che modo vi partecipa? Non come puro e semplice ascoltatore: « Oltre a essere saggio, Qoèlet insegnò al popolo la scienza; ascoltò, meditò e compose un gran numero di massime » (12,9). Il suo insegnamento, senza essere assolutamente quello di un contestatore, rappresenta però un radicale superamento dell’insegnamento dato.
La legge non è rifiutata, ma vi è considerata come un qualcosa che non è sufficiente a spiegare tutto. La legge non è tutto: Qoèlet insiste nel constatare che se la legge fosse tutto, allora tutto sarebbe assurdo. Per uscire dall’assurdo bisogna sopprimere la legge?
No, bisogna però andare oltre. Prenderla sul serio, ma guardando oltre. « Conclusione del discorso, dopo aver ascoltato tutto: temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l’uomo » (12,13). Apri il tuo cuore e la tua mente verso Dio, cioè verso l’alto, e lasciati guidare da lui.
Se c’è un libro nell’Antico Testamento che, dietro le apparenze di una contestazione radicale, è essenzialmente profetico, questo è proprio il Qoèlet. La legge infatti è ultimamente una Persona, che liberamente, al di là di ogni obbligo e merito ti ama e ti salva. Puoi meritare? Sì, ma perché lui – prima – ti ha immeritatamente amato.
Il Santo del giorno: San Giovanni Maria Vianney, Sacerdote