« Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato” » (Lc 18,9-14).
La preghiera del fariseo è piena di orgoglio e di sicurezza, mentre quella del pubblicano di umiltà e timor di Dio. Solo quest’ultima è ascoltata da Dio. Santa Madre Chiesa ce la fa praticare, nel rito latino, tutte le volte che incominciamo la celebrazione della Messa.
Il sacerdote, inclinato umilmente davanti a Dio, recita con l’assemblea “Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa (qui si percuote il petto per tre volte). E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro “.
La Chiesa vuole che facciamo nostri esteriormente e soprattutto interiormente i sentimenti del pubblicano.
Il Santo del giorno: Sant’Evaristo, Papa e martire