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Il pensiero del giorno

3 Giugno 2020 - Autore: Don Piero Cantoni

« Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro. Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. […]. Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo, per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro. È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato » (2Tm 1,1-3.6-12). 


L’espressione usata da san Paolo, che è in prigione e sul punto di lasciare questa vita, a proposito di Timoteo « figlio carissimo » riecheggia quella dell’Antico Testamento « figlio unico » o « primogenito » (Gen 22,2.12.16) con il diritto di succedere al padre e di ricevere la sua eredità.

Da quel momento infatti Timoteo porterà avanti la missione di Paolo e già lo sta facendo a Efeso. Anche se Paolo uso l’espressione τέκνον – bambino e non quella di figlio, non è possibile pensare che fosse estranea alle sue intenzioni l’idea di successione: « ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani ». 

La successione apostolica non è la trasmissione di un’autorità solo giuridicamente intesa ma di un potere vitale. Perché questo è il Vangelo: non solo una dottrina, ma soprattutto una vita. Attenzione però, non come dicevano i modernisti: una vita e quindi non una dottrina, ma una dottrina che è, inseparabilmente, una vita.

Ecco perché questa trasmissione, quando è compiuta con l’autorità degli apostoli, o dei loro successori (o comunque in comunione con loro) è sempre vivente e comporta un potere “esorcistico”, quello di scacciare la menzogna e l’anti-vita del Demònio (« padre della menzogna» e « omicida fin da principio» Gv 8,44).


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