« Dopo alcuni giorni il torrente si seccò, perché non era piovuto sulla terra. Fu rivolta a lui la parola del Signore: “Àlzati, va’ a Sarepta di Sidone; ecco, io là ho dato ordine a una vedova di sostenerti”. Egli si alzò e andò a Sarepta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: “Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere”. Mentre quella andava a prenderla, le gridò: “Per favore, prendimi anche un pezzo di pane”. Quella rispose: “Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo”. Elia le disse: “Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra””. Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni » (1Re 17,7-16).
Gesù si mette in compagnia dei profeti dell’Antico Testamento, molti dei quali erano stati rifiutati e anche uccisi dai loro compatrioti israeliti (Lc 11,47; 13,33-34; At 7,52). In particolare si richiama alla missione di Elia ed Eliseo per gettare luce su quello che gli sta succedendo. Questi profeti vissero in tempi bui, in cui Dio sembrava aver dimenticato il regno di Israele, per gettare uno sguardo di predilezione sui popoli pagani.
Così Elia fu mandato ad una vedova di Sidone (1Re 17,1-16) e Eliseo guarì la lebbra di un generale degli Aramei (2Re 5,1-14). Gesù vuole spiegare che « l’anno di grazia del Signore » (Lc 4,19), di cui ha appena annunciato la venuta, sarà ugualmente un tempo di benedizione al di fuori dei confini di Israele suscitando una reazione sdegnata e violenta.
Per fare una applicazione alla nostra situazione oggi: siamo abituati a pensare alla nostra Europa come al centro del Cristianesimo e ci è difficile prendere atto che questo “centro” si è spostato. L’Europa, l’Occidente, non fa più riferimento a Cristo, anzi positivamente lo rifiuta. Il cristianesimo però non è finito, perché fiorisce altrove e – a partire da lì – può rifiorire anche nella nostra vecchia Europa. Dobbiamo solo riconoscere – che ci piaccia o no – i “segni dei tempi”.
Il “mestiere” del profeta è un mestiere difficile e Gesù porta questa difficoltà a compimento. Nel destino del profeta c’è un’insuperabile ed ineliminabile “solitudine”. Noi cristiani siamo tutti profeti e siamo inviati come profeti (con il Battesimo siamo stati unti sacerdoti, re e profeti). Annunciare la Verità di Dio con le parole e con la vita è tutt’altro che facile. Ma è la più bella, soddisfacente e meravigliosa avventura che possa capitare ad un uomo e ad una donna in questo mondo!
Il Santo del giorno: Sant’Efrem, diacono e dottore della Chiesa