
« […] il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane » (1Cor 10,16-17).
Oggi celebriamo la solennità del Corpo e del sangue di Cristo. È una bellissima occasione per parlare un po’ di quella preghiera che sta al centro – al “cuore” – della liturgia. È la preghiera eucaristica o «canone» o «anafora [ἀναφορά = elevazione]». È la preghiera centrale di tutta la liturgia, là dove si compie il mistero dei misteri: il sacrificio attuato «una volta per tutte» (Eb 7,27) si rende di nuovo presente in mezzo a noi per diffondere su di noi il suo effetto di redenzione e di grazia.
Mal 1,11: «Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti». Il profeta Malachia parla di un evento dei tempi messianici. In quei tempi un sacrificio sarà offerto non più soltanto nel tempio di Gerusalemme, ma in tutto il mondo.
Non più soltanto dai sacerdoti di Aronne, ma dai pagani. Questa sacrificio è costituito da una «טְהוֹרָה מִנְחָה[mincha tehora]», cioè da un sacrificio non cruento, di generi alimentari e in più assolutamente puro. Tale cioè che non può essere contaminato da chi lo offre. Questa profezia è stata subito colta dai cristiani per designare l’eucaristia. Infatti è un sacrificio che può essere offerto in molti luoghi (qualcuno ha calcolato che nel mondo oggi vengono celebrate più Messe – mi pare – al minuto). Che non può essere reso profano da nessuno. Se c’è è santo, perché è santo in sé stesso.
Corpus Domini