« Allora sorse Elia profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola. Egli fece venire su di loro la carestia e con zelo li ridusse a pochi. Per la parola del Signore chiuse il cielo e così fece scendere per tre volte il fuoco. Come ti rendesti glorioso, Elia, con i tuoi prodigi! E chi può vantarsi di esserti uguale? Tu hai fatto sorgere un defunto dalla morte e dagl’inferi, per la parola dell’Altissimo; tu hai fatto precipitare re nella perdizione, e uomini gloriosi dal loro letto. Tu sul Sinai hai ascoltato parole di rimprovero, sull’Oreb sentenze di condanna. Hai unto re per la vendetta e profeti come tuoi successori. Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco, su un carro di cavalli di fuoco; tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri, per placare l’ira prima che divampi, per ricondurre il cuore del padre verso il figlio e ristabilire le tribù di Giacobbe. Beati coloro che ti hanno visto e si sono addormentati nell’amore, perché è certo che anche noi vivremo. Appena Elia fu avvolto dal turbine, Eliseo fu ripieno del suo spirito; nei suoi giorni non tremò davanti a nessun principe e nessuno riuscì a dominarlo. Nulla fu troppo grande per lui, e nel sepolcro il suo corpo profetizzò. Nella sua vita compì prodigi, e dopo la morte meravigliose furono le sue opere.» (Sir 48,1-14).
Il fuoco dell’amore è lo stesso fuoco della giustizia. L’amore veemente di Dio è percepito come doloroso nella misura in cui si è orientati in senso contrario o difforme. Come una imbarcazione rispetto ad una fortissima corrente d’acqua o di vento. Se si naviga nel senso della corrente, ciò è molto profittevole e piacevole.
Ma è altrettanto terribile se l’imbarcazione è mal disposta rispetto alla corrente. Così l’amore di Dio trasporta nel suo vortice beatificante chi è disposto a lasciarsi trasportare. Se lo rifiuta ha, si sarebbe tentati di dire – ma si cozza contro il mistero – suo malgrado, degli effetti devastanti. Sullo spirito innanzitutto, ma su tutto l’uomo – carne e spirito –, posto che è una unità sostanziale.
Così si comprende anche in che senso si deve intendere la fisicità del fuoco dell’inferno. In fondo, due fenomeni in apparenza diversissimi, sono in realtà, dal punto di vista di Dio, la stessa cosa: l’inferno e quella dolorosa tappa della crescita mistica che san Giovanni della Croce ha chiamato «notte oscura».
In entrambi i casi Dio si avvicina a chi è impreparato. Chi è radicalmente impreparato, in modo tale che la sua volontà è fissata «contro» (è l’inferno), chi è impreparato perché al suo fondamentale atto di fede non corrisponde ancora una conversione di tutto il suo essere, di tutta la sua «carne». L’avvicinarsi di Dio allora rappresenta dolore, nella carne (notte dei sensi) e nello spirito (notte dello spirito): qui l’amore è purificazione.
Lasciamoci bruciare volentieri dall’amore di Dio. Sarebbe sciocco pensare che questo possa avvenire senza sofferenza, ma riflettiamo sul fatto che questa sofferenza è un cammino di gioia ineffabile! Una gioia talmente grande che, per essere percepita ed incendiare d’amore il nostro cuore, deve bruciare tutti i nostri attaccamenti.
Il Santo del giorno: San Gregorio Giovanni Barbarigo, vescovo