« La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, fratello, perché per opera tua i santi sono stati profondamente confortati. Per questo, pur avendo in Cristo piena libertà di ordinarti ciò che è opportuno, in nome della carità piuttosto ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene, lui, che un giorno ti fu inutile, ma che ora è utile a te e a me. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. Io, Paolo, lo scrivo di mio pugno: pagherò io. Per non dirti che anche tu mi sei debitore, e proprio di te stesso! Sì, fratello! Che io possa ottenere questo favore nel Signore; da’ questo sollievo al mio cuore, in Cristo! » (Fm 7-20).
La lettera a Filemone più che una lettera vera e propria è un biglietto. Possiamo pensare che mentre la scriveva san Paolo non aveva certamente in mente che queste sue parole sarebbe state lette o ascoltate da miliardi di fedeli lungo i secoli come Parola di Dio.
Ci possiamo chiedere perché Dio ha voluto che questo scritto di occasione entrasse a far parte delle Sacre Scritture e fosse letto con solennità in Chiesa e con devozione da generazioni di cristiani nelle loro case. I motivi possono essere tanti e io qui ne raccolgo solo qualcuno.
Prima di tutto credo che ne emerga uno potente – direi prepotente -: l’amore non è un rapporto astratto, non si può e non si deve ridurre solo all’applicazione ad un caso particolare di un’idea universale. Un amore inteso così sarebbe ideologia, che è la falsificazione più radicale del vero amore. L’amore è sempre un rapporto personale in cui una persona si prende cura di un’altra persona in modo “unico”.
In quel momento c’è solo quella persona, il resto è sullo sfondo. San Paolo qui esercita un atto di autorità: chiede al fedele Filemone di riaccogliere il suo schiavo Onèsimo, non più come schiavo ma come fratello nel Signore.
Come schiavo lo avrebbe dovuto punire e la pena poteva essere la morte. « […] pur avendo in Cristo piena libertà di ordinarti ciò che è opportuno, in nome della carità piuttosto ti esorto ».
San Paolo non vuole che Filemone compia il gesto per pura sottomissione alla sua autorità, ma in piena libertà, perché convinto. L’autorità di san Paolo si intreccia indissolubilmente con il suo amore concreto e personale. Una verità senza amore è falsa, un amore senza verità è malvagio.
Il Santo del giorno: San Giosafat Kuncewycz Vescovo e martire