In quel tempo, i pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo (Luca 2,16-21).
I dipinti famosi raffigurano la Vergine Maria mentre esibisce il Bambino, con uno stuolo di angeli che le fanno corona. Certo lo si fa per esaltare la grandezza di Maria, ma ciò non deve escludere l’orizzonte quotidiano. Nel Vangelo di Luca c’è una frase perentoria: «E l’angelo si allontanò da lei» (1,38). Inizia qui uno stato che parrebbe di solitudine. Maria deve ora mettere a frutto tutti i talenti altissimi che ha ricevuto da Dio. Non vi saranno più mozioni straordinarie, né miracoli. Dovrà camminare lei con la sua fede, con l’aiuto ordinario del suo angelo custode.
D’ora innanzi lei dovrà ascoltare, riflettere e trarre una conclusione: «Maria … custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Memoria e riflessione. Custodia e “accostamenti” delle varie vicende, per seguirne il senso, il filo conduttore. E ogni volta che dirà di “sì”, prima ancora di avere veramente tutto chiaro, coglierà con più profondità il senso della sua esistenza.
Ad ogni “sì” c’è un aumento di conoscenza, il “sì” anticipa la spiegazione, l’abbandono fiducioso viene prima del ragionamento, l’accoglienza anticipa l’indagine, la strada si conosce percorrendola, la verità si gusta compiendola. È il paradosso che caratterizza il percorso della fede di Maria Vergine. Lei lo ha vissuto sino alle estreme conseguenze. È la stessa fede valida per i giorni nostri.